Povera Equitalia (o poveri noi?)
Con ricorso del 2 ottobre 2006 la società LC impugna davanti alla commissione tributaria provinciale l’iscrizione ipotecaria effettuata su terreni di sua proprietà in conseguenza del mancato pagamento di una cartella esattoriale per complessivi euro 2.028,66.
Si costituisce il concessionario della riscossione, tale società Equitalia, contestando il fondamento del ricorso.
La commissione tributaria provinciale annulla l’iscrizione ipotecaria ravvisando una violazione dell’art. 76 del DPR n. 602/1973, il quale prevede che il concessionario non possa procedere ad espropriazione immobiliare se l’importo del credito non supera gli ottomila euro.
L’appello di Equitalia viene rigettato dalla commissione tributaria regionale, perché «nessun precetto legislativo era stato adempiuto dal concessionario sia in ordine al valore indicato dall’art. 76 sia in relazione agli artt. 50 e 77» (il primo dei quali stabilisce che in caso di mancato inizio dell’espropriazione entro un anno dalla consegna della cartella di pagamento il concessionario deve procedere alla previa notificazione di un’intimazione ad adempiere).
Contro la sentenza della commissione tributaria regionale la società Equitalia propone ricorso per cassazione, deducendo: col primo motivo la violazione degli articoli 2 e 19 del decreto legislativo n. 546/1992, nonché degli articoli 50, 76 e 77 del DPR n. 602/1973, in quanto il giudice tributario non avrebbe potuto pronunciare l’annullamento dell’iscrizione ipotecaria, ma avrebbe dovuto «limitarsi alle vicende del rapporto tributario ed alla attitudine, efficacia ed esecutività dei titoli (ad essa) sottesi… e ciò in quanto la fase di esecuzione forzata (ipotetica ed eventuale) e le correlative opposizioni ed anche le domande di riduzione o restrizione dell’ipoteca rientra(va)no nella giurisdizione e competenza della magistratura ordinaria»; col secondo motivo ancora la violazione degli articoli 50, 76 e 77 del DPR n. 602/1973, in quanto la commissione tributaria regionale non ha considerato che, decorso infruttuosamente il termine di sessanta giorni dalla consegna della cartella esattoriale, il concessionario non aveva bisogno di notificare alcuna intimazione per procedere all’iscrizione ipotecaria, che non costituiva un atto dell’espropriazione, ma una semplice forma di cautela, con garanzia reale del credito erariale, cui risultava per ciò solo inapplicabile sia il limite di valore stabilito dall’art. 76 sia l’obbligo preliminare previsto dall’art. 50.
La società LC non svolge attività difensiva davanti alla corte di cassazione, le cui sezioni unite civili decidono sul ricorso di Equitalia con sentenza n. 5771/12, depositata il 12 aprile 2012.
La Corte giudica inammissibile il primo motivo di ricorso: pronunciando l’annullamento dell’ipoteca la commissione tributaria provinciale ha implicitamente riconosciuto di avere giurisdizione al riguardo; poiché non vi è stato appello sul punto, si è formato il giudicato interno sulla questione della giurisdizione, che non può pertanto essere rimessa in discussione.
Quanto al secondo motivo, la Corte richiama la propria fresca giurisprudenza (Cassazione sezioni unite 22 febbraio 2010 n. 4077), secondo la quale, al pari del fermo di cui all’art. 86 del DPR n. 602/1973, anche l’ipoteca di cui all’art. 77 del medesimo decreto costituisce un atto preordinato all’espropriazione, per cui deve necessariamente soggiacere agli stessi limiti per questa stabiliti dal precedente art. 76.
La società Equitalia ha chiesto alla Corte di rimeditare il problema, alla luce, tra l’altro, del tenore letterale del comma 2-ter dell’art. 3 del decreto legge 25 marzo 2010 n. 40, che ha sì vietato di iscrivere ipoteca per crediti minori di ottomila euro, ma soltanto «a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione», confermando così che per il periodo pregresso non esisteva nessun limite di valore per l’iscrizione.
L’argomento, tuttavia, non convince la Corte, secondo la quale il dato letterale depone nel senso della non iscrivibilità dell’ipoteca per crediti non realizzabili a mezzo di espropriazione immobiliare. Per valere come smentita di tale interpretazione, il comma 2-ter dell’art. 3 del decreto legge 25 marzo 2010 n. 40 «avrebbe dovuto stabilire il contrario, e, cioè, che a partire dal momento della emanazione della legge di conversione non sarebbe più stato possibile iscrivere ipoteca per crediti non realizzabili a mezzo di espropriazione immobiliare». Il decreto legge in questione, tuttavia, non ha detto nulla di simile, «in quanto non ha fatto cenno al predetto collegamento, ma si è limitato a fissare in modo autonomo il presupposto per le future iscrizioni dell’ipoteca, indicandolo in un importo che seppure coincidente con quello minimo all’epoca previsto per l’espropriazione, non può essere per ciò solo apprezzato come indiretta dimostrazione della inesistenza di limiti per il passato».
Perciò il ricorso della società Equitalia viene rigettato.
V’è solo da aggiungere che l’art. 7 comma 2 lettera gg-decies del decreto legge n. 70 del 13 maggio 2011 ha stabilito l’ulteriore limite di ventimila euro per l’iscrizione di ipoteca sull’immobile adibito dal debitore a sua abitazione principale, quando il credito è contestato in giudizio o ancora contestabile.