Il fondo patrimoniale va a fondo
Nel maggio del 1996 Balanzone costituisce insieme alla moglie Colombina un fondo patrimoniale, avente ad oggetto la casa coniugale, di proprietà comune dei coniugi.
La costituzione di un fondo patrimoniale è un atto col quale due coniugi, o uno solo di essi, oppure un terzo (anche per testamento) destinano determinati beni a far fronte ai bisogni della famiglia (art. 167 del codice civile).
I frutti dei beni costituenti il fondo patrimoniale sono impiegati per i bisogni della famiglia (art. 168 del codice civile).
Se non è stato espressamente consentito nell’atto di costituzione, non si possono alienare, ipotecare, dare in pegno o comunque vincolare beni del fondo patrimoniale se non con il consenso di entrambi i coniugi e, se vi sono figli minori, con l’autorizzazione concessa dal giudice, nei soli casi di necessità od utilità evidente (art. 169 del codice civile).
L’esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può aver luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia (art. 170 del codice civile).
Nel 2002 un esattore pubblico, che per comodità chiameremo Equitalia, iscrive ipoteca legale sulla casa oggetto del fondo patrimoniale costituito da Balanzone e Colombina, a garanzia di un credito vantato dall’INPS nei confronti di Balanzone.
Balanzone se ne accorge, e si rivolge al tribunale di Ravenna perché ordini la cancellazione dell’ipoteca, secondo Balanzone iscritta illegittimamente (data l’esistenza del fondo patrimoniale).
Il tribunale di Ravenna rigetta la domanda di Balanzone.
La corte d’appello di Bologna rigetta l’appello di Balanzone.
Balanzone si intestardisce e propone ricorso per cassazione, sempre con la resistenza di Equitalia.
Anche il ricorso per cassazione non ha miglior fortuna, ma la sentenza n. 5385/13 della terza sezione civile della cassazione, depositata il 5 marzo 2013, merita di essere letta. La lettura in verità è difficoltosa, ma il contenuto è interessante. Cercherò di darne un resoconto chiaro e sintetico.
I giudici di merito se l’erano cavata con poco: Balanzone ha torto perché l’iscrizione di ipoteca non è atto vietato dall’art. 170 del codice civile. L’iscrizione ipotecaria, infatti, non è un atto esecutivo, ma solo costitutivo di una garanzia patrimoniale.
Secondo Balanzone, invece, il fatto che la costituzione di ipoteca sia atto finalizzato alla successiva esecuzione comporta che anch’essa soggiaccia al divieto formulato dall’art. 170 del codice civile.
La corte gli dà ragione: «l’oggetto vero e proprio della regola dettata nell’art. 170 finisce per essere l’efficacia verso il fondo dei “titoli” che potrebbero giustificare l’esecuzione su un bene facente parte del fondo patrimoniale. L’esistenza di tale efficacia o al contrario la sua inesistenza sono il vero oggetto di disciplina della norma e non, come potrebbe riduttivamente credersi, l’inizio dell’esecuzione».
Purtroppo questo non basta a Balanzone per vincere la causa.
Osserva infatti la corte che, se «l’esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può aver luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia» (art. 170 del codice civile), perché fosse accolta la domanda di Balanzone, costui avrebbe dovuto allegare e dimostrare che i debiti nei confronti dell’INPS erano stati da lui contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia, e che l’INPS era a conoscenza di tale estraneità. Sennonché le allegazioni di Balanzone, quanto al primo requisito, sono state generiche (non deriva dalla natura delle cose che i debiti nei confronti dell’INPS siano contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia), e quanto al secondo addirittura inesistenti. Senza contare che Balanzone non ha nemmeno dedotto mezzi istruttori per dimostrare la sussistenza dei due requisiti, e chiaramente non può più farlo.
Come conseguenza di questo, la corte rigetta il ricorso, pur correggendo la motivazione della sentenza impugnata. Questa correzione serve solo a Balanzone per ottenere la compensazione delle spese del giudizio di cassazione.
A vicenda ormai definita, a Balanzone resta la consapevolezza che gli sarebbe convenuto pagare il debito nei confronti dell’INPS (pari a 5.651,90 euro) per far cancellare l’ipoteca, e a noi spettatori il principio di diritto formulato dalla corte di cassazione: «qualora il coniuge che ha costituito un fondo patrimoniale familiare conferendovi un suo bene agisca contro il suo creditore chiedendo, in ragione della sua appartenenza al fondo, la declaratoria, ai sensi dell’art. 170 cod. civ., della illegittimità dell’iscrizione di ipoteca che egli abbia fatto sul bene, deve allegare e provare che il debito per cui è stata iscritta l’ipoteca è stato contratto per uno scopo estraneo ai bisogni della famiglia e che il creditore era a conoscenza di tale circostanza. Tali oneri sussistono anche in relazione all’iscrizione di ipoteca ai sensi dell’art. 77 del d.P.R. n. 602 del 1973. In sede di giudizio di cassazione contro una sentenza di merito che abbia rigettato la domanda ritenendo non soggetta all’art. 170 l’iscrizione di ipoteca, la Corte di cassazione, qualora constati che i detti oneri risultano inadempiuti, deve rigettare il ricorso, previa correzione della motivazione della sentenza impugnata».