Erede dimezzato
Con atto di citazione notificato nel 1995, i fratelli Romolo e Remo convengono in giudizio davanti al tribunale di Roma l’avvocato Cicerone, secondo marito della loro madre Calpurnia. Riferiscono che costei è morta lasciando per testamento parte dei suoi beni al marito Cicerone, e parte a loro. Sennonché i beni lasciati a Cicerone valgono alcuni miliardi di lire e sono liberi e disponibili, mentre i beni lasciati a loro sono di valore inferiore, non liberi e oggetto di dispute giudiziarie. Chiedono pertanto — tra l’altro — che le disposizioni testamentarie in favore del patrigno siano ridotte in modo da assicurare a loro, in qualità di eredi legittimari di Calpurnia, il conseguimento di metà del patrimonio materno, come previsto dall’art. 542 comma 2 del codice civile.
Cicerone si costituisce chiedendo il rigetto della domanda. Sostiene che i beni dei quali la moglie l’ha lasciato erede sono stati acquistati con denaro messole a disposizione da lui. In via riconvenzionale chiede — tra l’altro — di essere riconosciuto creditore della massa ereditaria per una somma superiore a seicento milioni di lire.
Il tribunale emette sentenza nel mese di maggio del 2001: dichiara aperta la successione testamentaria e necessaria di Calpurnia; imputa preliminarmente alla quota di legittima dei figli, oltre ai beni oggetto della disposizione testamentaria, anche il saldo attivo di un conto corrente bancario intestato a Calpurnia; dichiara la parziale inefficacia del testamento pubblico di Calpurnia e riduce le disposizioni testamentarie in favore di Cicerone nella misura del 18%, percentuale riferita alla nuda proprietà della casa coniugale e dei mobili che lo arredano, e alla piena proprietà degli altri beni; respinge la domanda riconvenzionale di Cicerone e compensa le spese processuali.
Propone appello Cicerone.
La corte d’appello di Roma lo accoglie parzialmente con sentenza depositata nel febbraio 2006.
Soffermiamoci sulla porzione più interessante della controversia, riguardante la corretta applicazione dell’art. 540 comma 2 del codice civile: «Al coniuge, anche quando concorra con altri chiamati, sono riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comune. Tali diritti gravano sulla porzione disponibile e, qualora questa non sia sufficiente, per il rimanente sulla quota di riserva del coniuge ed eventualmente sulla quota riservata ai figli». Si tratta pertanto di un diritto che può estendersi sino ad erodere la quota riservata ai figli.
La corte d’appello afferma che: 1) l’attribuzione del diritto di abitazione del coniuge superstite costituisce un legato ex lege, cosicché la titolarità di tale diritto è immediatamente acquisita dal coniuge superstite al momento dell’apertura della successione, secondo le regole del legato di specie; 2) il diritto di abitazione non incide quantitativamente sul compendio ereditario. Perciò determina il valore dell’asse ereditario detraendo il valore del diritto di abitazione e del diritto di uso dei mobili da quello del patrimonio relitto. Ridetermina così l’entità della lesione della legittima di Romolo e Remo in una somma trascurabile (meno di sedici milioni di lire), esponendosi così al ricorso per cassazione proposto da Romolo e Remo con atto notificato nel mese di aprile del 2007.
Romolo e Remo si lamentano, tra l’altro, proprio del fatto che la corte d’appello abbia determinato il valore dell’asse ereditario detraendo il valore del diritto di abitazione e del diritto di uso dei mobili da quello del patrimonio relitto. In questo modo è stato ovviamente ridotto, rispetto al primo grado di giudizio, il valore della metà del patrimonio loro spettante per legge.
La seconda sezione della corte di cassazione si pronuncia sul ricorso di Romolo e Remo con sentenza n. 9651/13, depositata il 19 aprile 2013.
Nella parte che qui interessa, il ricorso viene accolto. Secondo la cassazione la corte d’appello ha sbagliato a defalcare ex ante dal relictum il valore del diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e del diritto d’uso dei mobili che la corredano: «In tema di successione necessaria, la disposizione di cui all’art. 540, secondo comma, cod. civ. determina un incremento quantitativo della quota contemplata in favore del coniuge, in quanto i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso dei mobili che la corredano (quindi, il loro valore capitale) si sommano alla quota riservata al coniuge in proprietà. Posto che la norma stabilisce che i diritti di abitazione e di uso gravano, in primo luogo, sulla disponibile, ciò significa che, come prima operazione, si deve calcolare la disponibile sul patrimonio relitto, ai sensi dell’art. 556 cod. civ., e, per conseguenza, determinare la quota di riserva. Calcolata poi la quota del coniuge nella successione necessaria, in base a quanto stabiliscono gli artt. 540, primo comma, e 542 cod. civ., alla quota di riserva cosi ricavata si devono aggiungere i diritti di abitazione e di uso in concreto, il cui valore viene a gravare sulla disponibile. Se la disponibile non è sufficiente, i diritti di abitazione e di uso gravano, anzitutto, sulla quota di riserva del coniuge, che viene ad essere diminuita della misura proporzionale a colmare l’incapienza della disponibile. Se neppure la quota di riserva del coniuge risulta sufficiente, i diritti di abitazione e di uso gravano sulla riserva dei figli o degli altri legittimari».
Questa conclusione, a giudizio della corte, non si pone in contraddizione con la sentenza delle Sezioni Unite 27 febbraio 2013 n. 4847, «la quale, dopo avere affermato che anche nella successione legittima spettano al coniuge del de cuius i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, previsti dall’art. 540, secondo comma, cod. civ., ha stabilito che “il valore capitale di tali diritti deve essere stralciato dall’asse ereditario per poi procedere alla divisione di quest’ultimo tra tutti i coeredi secondo le norme della successione legittima, non tenendo conto dell’attribuzione dei suddetti diritti secondo un meccanismo assimilabile al prelegato”. Infatti, il dictum delle Sezioni Unite relativo allo stralcio dall’asse ereditario si riferisce, espressamente, alla sola successione legittima, e muove dalla sottolineatura che, in questa, “non si pone in radice un problema di incidenza dei diritti degli altri legittimari per effetto dell’attribuzione dei diritti di abitazione e di uso al coniuge”, cosicché le disposizioni previste dall’art. 540, secondo comma, cod. civ., finalizzate “a contenere in limiti ristretti la compressione delle quote di riserva dei figli del de cuius in conseguenza dell’attribuzione al coniuge dei diritti suddetti”, “non possono evidentemente trovare applicazione in tema di successione intestata”.
Perciò la corte cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo ritenuto fondato e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della corte d’appello di Roma.