La villa bisogna sudarsela
Nel 2003 Metello cita Publio e Minervina davanti al tribunale di Varese. Chiede che siano dichiarate la sua qualità di erede universale dei defunti genitori e la nullità di un atto notarile stipulato da costoro con i convenuti.
Il contratto prevedeva il trasferimento a favore dei convenuti della nuda proprietà di una villa con vista sul lago, contro un corrispettivo, a carico dei convenuti, costituito da una rendita vitalizia di dodicimila euro annui e dall’assistenza per il soddisfacimento dei bisogni essenziali della vita dei vitaliziati.
Con sentenza del 19 novembre 2007 il tribunale rigetta la domanda di Metello.
L’appello di Metello viene accolto dalla corte d’appello di Milano con sentenza del 24 gennaio 2012.
La corte sviluppa questo ragionamento:
1) la nuda proprietà della villa oggetto del contratto è stata stimata in euro 262.000;
2) la prospettiva di vita del vitaliziato (padre di Metello), di anni 81, affetto da metastasi da carcinoma alla prostata, deceduto sei mesi dopo la stipula del contratto, non era superiore ad un anno;
3) la prospettiva di vita della vitaliziata (madre di Metello), di anni 78, affetta da morbo di Parkinson, invalida al cento per cento, deceduta meno di due mesi dopo la stipula del contratto, non era superiore a quattro anni;
4) il valore della controprestazione del trasferimento della nuda proprietà della villa oggetto del contratto poteva essere stimato in complessivi euro 80.000, di cui 48.000 per la prestazione economica (non versata nemmeno in parte) e 32.000 per la prestazione assistenziale (tenuto conto che i coniugi erano già assistiti a loro spese da una badante qualificata);
5) considerata perciò la palese sproporzione fra le prestazioni delle parti, e ritenuto che il contratto stipulato fosse di natura aleatoria, doveva essere dichiarata la mancanza di alea e conseguentemente della causa del contratto, che in conclusione era nullo.
Publio e Minervina ricorrono per la cassazione della sentenza.
Il ricorso è fondato su un unico, complesso motivo.
I ricorrenti sostengono che: l’elemento della aleatorietà del contratto avrebbe dovuto verificarsi in concreto; un vitalizio oneroso potrebbe anche sorgere come contratto non aleatorio; la funzione assistenziale dovrebbe appartenere alla causa del negozio e non ai motivi; le parti ben avrebbero potuto porre in essere un contratto atipico nel quale l’alea fosse subvalente rispetto al connotato assistenziale; la probabilità di morte, al fine di valutare l’alea, doveva essere una estrema probabilità, una quasi certezza, non ravvisabile nella fattispecie, in relazione alle patologie dei due coniugi al momento della conclusione del contratto; non era stato ben valutato il valore della controprestazione, ossia l’impegno di assistenza, particolarmente gravoso in relazione alle patologie accertate; nel contratto atipico di vitalizio alimentare o di mantenimento non costituisce causa di risoluzione la morte del beneficiari della prestazione.
Il relatore della causa, ritenendo che il ricorso sia manifestamente infondato, deposita in cancelleria una relazione ai sensi dell’art. 380-bis del codice di procedura civile, contenente la concisa esposizione delle ragioni che giustificano tale conclusione.
La sesta sezione civile della corte condivide le argomentazioni del relatore e rigetta il ricorso di Publio e Minervina con ordinanza numero 4533/15, depositata il 5 marzo 2015.
Queste sono le argomentazioni che giustificano la decisione:
Il motivo è inammissibile in quanto non è indicata alcuna norma di legge che sarebbe stata violata o falsamente applicata, ma si risolve in una censura generica sull’interpretazione del contratto e sulla motivazione senza indicare, con riferimento all’interpretazione, le norme di ermeneutica contrattuale che sarebbero violate. Ove il Collegio ritenesse desumibile, dal contenuto complessivo del motivo, la denuncia del vizio di motivazione se ne rileva, comunque, la manifesta infondatezza in quanto:
– il cosiddetto contratto atipico di mantenimento (secondo la prospettazione datane dagli stessi ricorrenti) è caratterizzato dall’aleatorietà, addirittura più accentuata rispetto al contratto di rendita vitalizia configurato dall’art. 1872 cc, in quanto le prestazioni non sono predeterminate nel loro ammontare, ma variano, giorno per giorno, secondo i bisogni;
– l’individuazione dell’alea postula pur sempre la comparazione delle prestazioni secondo un giudizio di presumibile equivalenza o di palese sproporzione da impostarsi con riferimento al momento di conclusione del contratto ed al grado ed ai limiti di obiettiva incertezza, sussistenti a detta epoca, in ordine alla durata della vita ed alle esigenze assistenziali del vitaliziato;
– nel vitalizio improprio con riferimento all’età e allo stato di salute, l’alea è esclusa se, al momento della conclusione, il beneficiario era affetto da malattia che, per natura e gravità, rendeva estremamente probabile un rapido esito letale, ovvero se il beneficiario abbia un’età talmente avanzata da non poter certamente sopravvivere, anche secondo le previsioni più ottimistiche, oltre un arco di tempo determinabile;
– anche se si volesse qualificare in tali termini il contratto la Corte territoriale, attenendosi a tali principi, ha esaminato e valutato le prestazioni a carico di ciascuna parte, giungendo alla conclusione che, in considerazione della ragionevole probabilità sulle ridotte possibilità di sopravvivenza dei vitaliziati, dell’entità economica di quanto trasferito dagli stessi in rapporto alle modeste prestazioni che gli stessi avrebbero ricevuto dai vitalizianti, doveva escludersi l’elemento dell’alea, costituito dall’impossibilità di prevedere in anticipo i vantaggi e le perdite (invece ampiamente prevedibili) ai quali le parti andavano incontro con la stipulazione dell’atto.