Non è vessatoria la clausola che stabilisce la durata del contratto
Nel 2010 la società A conviene in giudizio innanzi al Tribunale di Trento la società B, della quale chiede la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali per l’inadempimento di un contratto concluso nel 2006. Il contratto obbliga la società B a mantenere installate in esclusiva nel suo locale bar apparecchiature da gioco noleggiatele dalla società A per la durata di cinque anni. In dispregio di tale obbligo, la società B ha disattivato le macchine nel 2009, prima della scadenza contrattuale convenuta, installandovi macchine di imprese diverse.
La società B resiste, eccependo — tra l’altro — l’inefficacia di varie clausole del contratto, perché vessatorie ai sensi dell’art. 1341 del codice civile, trattandosi di condizioni generali predisposte dall’attrice e contenenti limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni e limitazioni nei rapporti contrattuali con i terzi.
Con sentenza n. 956 del 2011 il Tribunale respinge la domanda della società A. Secondo il tribunale sono inefficaci perché vessatorie le clausole relative alla durata quinquennale del rapporto ed al divieto di installare macchine della concorrenza, in quanto la dichiarazione di approvazione specifica delle clausole onerose è stata anch’essa predisposta a stampa e richiama le clausole da approvare, indicandole con il solo numero e in blocco, unitamente a clausole non vessatorie.
La società A propone appello, lamentandosi del fatto che il tribunale abbia accolto un’eccezione di vessatorietà non proposta dalla società B, quale quella attinente alla durata quinquennale del rapporto, e comunque relativa a clausola non inclusa dall’art. 1341 del codice civile fra quelle particolarmente onerose. Dichiara di rinunciare ad avvalersi della clausola relativa al divieto di non concorrenza ed insiste nella domanda di risarcimento dei danni per il recesso anticipato dal rapporto.
Con sentenza depositata il 3 maggio 2013 n. 142 la corte d’appello di Trento conferma la sentenza di primo grado. Ritiene che l’eccezione di inefficacia della clausola relativa alla durata quinquennale del contratto, pur se non menzionata nelle conclusioni formulate dalla convenuta in primo grado, sia da ritenere proposta, perché desumibile dalla narrativa contenuta nella comparsa di risposta della medesima convenuta; ed accoglie tale eccezione, sul rilievo che l’appellante non ha dimostrato che la clausola abbia costituito oggetto di libera pattuizione fra le parti, perché sottoscritta solo all’atto della consegna della merce, su modulo prestampato sulla bolla di consegna, e ritenendo che la clausola sia da includere fra quelle contenenti limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi e tacita proroga o rinnovazione del contratto.
La società A ricorre per cassazione, sulla base di due motivi.
Il ricorso viene assegnato alla sesta sezione civile della corte, che si pronuncia con sentenza n. 17579, depositata il 3 settembre 2015.
La corte ritiene fondato il primo motivo, col quale viene censurata la sentenza impugnata perché ha dichiarato inefficace, in quanto particolarmente onerosa ai sensi dell’art. 1371 comma 2 cc, anche la clausola che ha stabilito in cinque anni la durata del contratto, senza possibilità di recesso anticipato, sebbene tale clausola non sia compresa fra quelle che necessitano di specifica approvazione scritta ai sensi dell’art. 1341 comma 2 cc, né sia particolarmente onerosa:
«La Corte di appello ha erroneamente assimilato la clausola n. 6 del contratto intercorso fra le parti — secondo cui “Il presente contratto è valido cinque anni dalla data odierna” — fra le clausole che pongono a carico della parte aderente “limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto”, mentre essa non rientra in alcuna di tali fattispecie».
«Le condizioni generali di contratto predisposte mediante moduli o formulari che, in relazione a rapporti ad esecuzione continuata o periodica, predispongano anche il termine di durata del rapporto non rientrano, di per sé sole, fra le clausole particolarmente onerose».
«Esse non equivalgono alla tacita proroga o rinnovazione del contratto, poiché attengono alla durata inizialmente stabilita; non all’obbligo di prorogarne la scadenza».
[…]
«Neppure si tratta di clausola limitativa della facoltà di opporre eccezioni, poiché la pattuizione di un termine appartiene alla disciplina normale dei contratti di durata e non viene a porre oneri peculiari ed inconsueti sul contraente aderente».
«Ma soprattutto, si possono considerare onerose le clausole che, nelle condizioni generali di contratto, vietino di opporre eccezioni che, nell’ambito di un contratto individuale, potrebbero essere indiscutibilmente proposte. Tale non è il divieto di recedere prima del termine stabilito dalle parti, divieto che vale anche per i contratti individuali, quale inadempimento di una specifica pattuizione».
«Vale a dire, sono clausole limitative della possibilità di opporre eccezioni, ai sensi dell’art. 1341 comma 2 cc, quelle che impediscano di eccepire atti o fatti estintivi o impeditivi dell’altrui pretesa che, secondo la disciplina conforme alla natura logico-giuridico-economica del rapporto di cui trattasi, la legge consentirebbe di esercitare (quali il divieto di eccepire i vizi della cosa nella compravendita; il divieto di opporre eccezioni prima di avere adempiuto alla prestazione – c.d. clausola solve et repete – e simili)».
«La clausola con cui le parti stabiliscano la durata del rapporto, in un contratto ad esecuzione continuata o periodica, è del tutto normale e conforme alla natura del rapporto».
Pertanto la corte di cassazione «cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Trento, in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione».