I soldi per i figli di regola sono spesi bene
Elisabetta ed Orazio sono due coniugi separati.
Fra le condizioni della loro separazione ve n’è una che prevede a carico di Orazio il rimborso della metà delle spese straordinarie scolastiche sostenute da Elisabetta nell’interesse del figlio minore Danilo.
Elisabetta iscrive Danilo ad una scuola privata, ed Orazio rifiuta di rimborsarle la metà delle spese sostenute.
Dopo due anni Elisabetta si stufa e chiede al giudice di pace di Rieti un decreto ingiuntivo contro Orazio per il suo credito maturato sino ad allora (4.250 euro). Il decreto viene emesso e notificato ad Orazio, il quale propone opposizione. Il giudice di pace la rigetta.
Orazio propone appello, senza fortuna.
Nel confermare la sentenza del giudice di pace, il tribunale di Rieti, con sentenza emessa nel 2013, osserva anzitutto che il provvedimento che prevede il rimborso della metà delle spese straordinarie scolastiche non ha efficacia di titolo esecutivo, posto che la misura delle spese non è ovviamente determinata a priori, cosicché è ammissibile il ricorso alla procedura ingiuntiva, esperita da Elisabetta allo scopo di ottenere la liquidazione del suo credito.
Nel merito, il tribunale rileva che non risulta prescritto dalle condizioni della separazione che le spese scolastiche siano concordate fra i genitori, mentre potrà controvertersi nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo sulla necessarietà di tali spese, profilo questo che Orazio non ha affatto contestato. Allo stato, pertanto, l’obbligo del rimborso può essere fondato, automaticamente, sul solo dato obiettivo dell’anticipazione della spesa, che non è stato contestato da Orazio.
Si arriva in naturalmente in Cassazione, adita da Orazio con ricorso fondato su due motivi. Entrambi sono dichiarati inammissibili dalla Corte con ordinanza numero 4182/16, depositata il 2 marzo 2016.
Mi piace citare una parte di questa ordinanza riguardante il primo motivo di ricorso, che i tanti padri dal braccino corto dovrebbero tenere in attenta considerazione:
«La giurisprudenza di legittimità esclude che esista un obbligo di concertazione preventiva fra i coniugi al fine di poter effettuare le spese straordinarie che corrispondano al “maggiore interesse” dei figli. Nel caso di mancata concertazione preventiva e di rifiuto di provvedere al rimborso della quota di spettanza da parte del coniuge che non le ha effettuate, il giudice è tenuto a verificare la rispondenza delle spese all’interesse del minore mediante una valutazione sulla commisurazione dell’entità della spesa rispetto all’utilità che ne deriva ai minori e sulla sostenibilità della spesa stessa se rapportata alle condizioni economiche dei genitori» […]. È evidente quindi che il coniuge convenuto in giudizio per il rimborso della spesa debba opporre, con una difesa non meramente assertiva, ma articolata su specifici motivi di dissenso valutabili dal giudice, la non rispondenza delle spese all’interesse del minore ovvero la insostenibilità della spesa stessa se rapportata alle condizioni economiche dei genitori e all’utilità per i figli».
Il resto viene da sé. Oltre ai 4.250 euro, maggiorati di interessi, Orazio pagherà le spese di tre gradi di giudizio, comprese quelle dell’ultimo, liquidate in 2.200 euro.