Ride bene chi è proprietario
Oggetto del contendere è un corridoio posto a piano terra di un edificio condominiale, corridoio al quale si accede tramite una porta sita accanto alla scala e dal quale è possibile fare ingresso in unità immobiliari di proprietà esclusiva.
La porta di questo corridoio, ad un certo momento, viene chiusa con un lucchetto da Bruto, il quale, nonostante ripetute promesse, non ne consegna le chiavi a Thelma e Louise, usufruttuaria e nuda proprietaria di un appartamento al primo piano. Le due donne, così, non sono più in grado di accedere al corridoio.
Thelma e Louise propongono un’azione possessoria davanti al pretore di Bari, che però respinge la loro domanda di tutela del possesso.
Citano allora Bruto e l’altro condomino dell’edificio davanti al tribunale di Bari, al quale chiedono di accertare la natura condominiale del corridoio di disimpegno e della relativa porta di accesso oggetto di causa, con conseguente diritto su di essi delle attrici in quanto parti comuni; ovvero, in subordine, per sentir dichiarare acquisito per usucapione ventennale il corrispondente diritto di passaggio, con ordine di rimessione in pristino.
Si costituisce in giudizio il solo Bruto, il quale eccepisce la proprietà esclusiva del corridoio e dei vani annessi, rileva che l’uso di detto corridoio da parte delle attrici è stato sporadico e sempre meramente tollerato, e chiede il rigetto delle domande proposte da Thelma e Louise.
Il tribunale di Bari, con sentenza del 16 maggio 2005, dichiara la natura condominiale del corridoio e della porta.
Bruto propone appello davanti alla corte d’appello di Bari, che lo rigetta con sentenza dell’11 aprile 2011.
Si arriva in cassazione su ricorso di Bruto, fondato su tre motivi.
La causa viene assegnata alla seconda sezione della corte, che decide con sentenza n. 13450 del 13 maggio 2016, depositata il successivo 30 giugno.
Col primo motivo Bruto si duole che tribunale e corte d’appello non abbiano considerato il giudicato esterno costituito dalla sentenza del pretore di Bari, la quale esclude espressamente «il vantato compossesso… sul corridoio oggetto di causa».
Motivo infondato secondo la corte: la questione possessoria, oggetto del giudizio davanti al pretore di Bari, non influisce su quella relativa alla proprietà (‘petitoria’, secondo il linguaggio curiale). Davanti al tribunale Thelma e Louise hanno chiesto solo in via subordinata la dichiarazione di usucapione della servitù di passaggio, con una domanda non riproposta in appello. In altre parole (lo dico io perché la corte si limita a sottintenderlo): la sentenza che esclude il possesso può danneggiare chi esercita l’azione petitoria solo se costui allega un titolo di acquisto, come l’usucapione, che sul possesso si fonda.
Il secondo e il terzo motivo del ricorso di Bruto, esaminati congiuntamente dalla corte, sono parimenti ritenuti infondati: «Ora, ai sensi dell’art. 1117, n. 1, cc, rientrano tra le parti comuni spettanti ai proprietari delle singole unità site nell’edificio condominiale, tra l’altro, le scale, i vestiboli, gli anditi, ovvero comunque tutte le parti necessarie all’uso comune ed essenziali alla funzionalità del fabbricato, e quindi anche gli annessi pianerottoli, passetti, corridoi, pur se posti in concreto al servizio di singole proprietà. Per sottrarre tali beni alla comproprietà dei condomini e dimostrarne l’appartenenza esclusiva al titolare di una porzione esclusiva, è necessario un titolo contrario, contenuto non già nella compravendita o nella donazione delle singole unità immobiliari (come suppone il ricorrente […]), bensì nell’atto costitutivo del condominio. Titolo idoneo a vincere la presunzione di condominialità ex art. 1117 cc infatti, è non l’atto di acquisto del singolo appartamento condominiale, quanto il negozio posto in essere da colui o da coloro che hanno costituito il condominio dell’edificio, in quanto tale negozio, rappresentando la fonte comune dei diritti dei condomini, ne determina l’estensione e le limitazioni reciproche. Pertanto, per accertare se il corridoio di accesso ai singoli appartamenti delle parti in lite fosse escluso dalla comunione e riservato in proprietà esclusiva di alcuno o altro dei condomini titolari di essi, il ricorrente avrebbe dovuto decisivamente indicare, piuttosto, quale fosse stato l’atto costitutivo del condominio di via (omissis), spettando certamente al proprietario, che rivendichi la proprietà esclusiva di un bene presuntivamente attribuito al condominio, l’onere di dare la prova del proprio diritto individuale sulla res».
Anche l’ultimo grado di giudizio si conclude così con la sconfitta di Bruto, che paga anche le spese del giudizio di legittimità.