Risparmiare la spesa del notaio può costare caro
Carlo ha in una banca un deposito titoli di cospicuo valore.
Pochi giorni prima che egli muoia, Petunia, la sua compagna di vita, che lo ha assistito amorevolmente sino ad allora, grazie alla delega conferitagli da Carlo trasferisce quei titoli sul suo conto.
Muore Carlo.
Carlotta, sua figlia, agisce in giudizio nei confronti di Petunia, per far dichiarare la nullità del trasferimento dei titoli a favore di Petunia. Sostiene che si tratta di una donazione, per la quale il codice civile (articolo 782) prescrive la forma dell’atto pubblico, «sotto pena di nullità».
Petunia ribatte che l’attribuzione doveva essere considerata, in parte, adempimento di obbligazione naturale, giustificata dal legame affettivo che ella aveva instaurato con Carlo e dalla cura e dall’assistenza prestate nei suoi confronti durante il corso della malattia che lo ha portato alla morte; in parte, donazione indiretta
. Per quest’ultima non è richiesta la forma dell’atto pubblico, essendo sufficiente l’osservanza delle forme prescritte per il negozio tipico utilizzato per realizzare lo scopo di liberalità, dato che l’articolo 809 del codice civile, nell’individuare le norme sulle donazioni applicabili agli atti di liberalità realizzati con negozi diversi dalla donazione, non richiama l’articolo 782.
Il tribunale di Trieste accoglie la domanda, dichiarando la nullità della liberalità di Carlo a favore di Petunia. Accertato che l’ordine alla banca proveniva da Carlo, il tribunale distingue tra negozio sottostante (attribuzione patrimoniale a Petunia) e ordine alla banca. L’ordine alla banca è negozio astratto, autonomo rispetto ai rapporti tra Carlo e Petunia; il negozio tra questi ultimi è quello che rileva e deve essere qualificato come donazione vera e propria; il trasferimento non può essere ritenuto adempimento di obbligazione naturale, in quanto i titoli sono stati attribuiti a Petunia non con l’intento di adempiere ad un dovere morale e sociale, ma in considerazione dell’assistenza prestata a Carlo durante la sua malattia. Si tratta quindi di donazione remuneratoria. Da qui la nullità per difetto di forma.
A diversa conclusione perviene la corte d’appello di Trieste, la quale, con sentenza in data 20 dicembre 2011, accoglie il gravame proposto in via principale da Petunia e rigetta la domanda
di Carlotta. La corte d’appello riconduce la fattispecie nell’ambito della donazione indiretta, per la cui validità non è richiesta la forma dell’atto pubblico, essendo sufficiente l’osservanza della forma prescritta per il negozio tipico utilizzato per realizzare lo scopo di liberalità.
Dato che in ballo c’è una somma di tutto rispetto, si finisce davanti alla corte di cassazione. Dalla seconda sezione si va alle sezioni unite, considerate: 1) la presenza di orientamenti giurisprudenziali non uniformi e di un quadro interpretativo “frammentato” in ordine alla questione se, per aversi donazione indiretta, sia necessaria la presenza di almeno due negozi, o se sia sufficiente un solo negozio o, persino, un mero atto non negoziale; 2) la particolare rilevanza della questione, stante il frequente ricorso a operazioni del tipo di quelle compiute nella specie in funzione trans o post mortem
.
Le sezioni unite decidono con sentenza n. 18725, depositata il 27 luglio 2017.
Con un pregevole ragionamento, troppo lungo per essere riportato qui, danno ragione a Carlotta, enunciando questo principio di diritto: «Il trasferimento per spirito di liberalità di strumenti finanziari dal conto di deposito titoli del beneficiante a quello del beneficiario realizzato a mezzo banca, attraverso l’esecuzione di un ordine di bancogiro impartito dal disponente, non rientra tra le donazioni indirette, ma configura una donazione tipica ad esecuzione indiretta; ne deriva che la stabilità dell’attribuzione patrimoniale presuppone la stipulazione dell’atto pubblico di donazione tra beneficiante e beneficiario, salvo che ricorra l’ipotesi della donazione di modico valore».
Perciò la sentenza della corte d’appello di Trieste viene cassata, e la causa rinviata ad altra sezione della medesima corte d’appello.