La dura vita del condomino (e del creditore del condominio)
La società SGC ottiene un decreto ingiuntivo nei confronti del Condominio di via Altolà a Vattelapesca. L’opposizione contro detto decreto, proposta dal condominio, viene rigettata.
La società SGC, in forza del decreto ingiuntivo, intima precetto a due condomini, che probabilmente essa ritiene i più solvibili, per l’intero debito del condominio.
I due condomini, che chiameremo A e B, propongono opposizione all’atto di precetto. All’opposizione aderisce il condomino C.
L’opposizione viene accolta dal tribunale di Napoli, con sentenza confermata dalla corte d’appello della medesima città. Entrambi i giudici di merito escludono che la responsabilità dei singoli condomini possa estendersi all’intera obbligazione del condominio, e una volta stabilito che essa è invece limitata alla quota di partecipazione al condominio di ciascuno di essi, ritengono onere del creditore intimante provare l’esatta misura di tale partecipazione e, in mancanza di tale prova, dichiarano totalmente inefficace il precetto opposto
.
La società propone ricorso per cassazione.
Il ricorso viene assegnato alla terza sezione civile della corte di cassazione, che decide su di esso con sentenza n. 22856/17, depositata il 29 settembre 2017.
La corte rigetta i primi quattro motivi del ricorso, ma accoglie il quinto e il sesto motivo.
Richiama anzitutto la corte la propria giurisprudenza, secondo la quale:
1) l’obbligazione (contrattuale) del condominio grava pro parte sui singoli condomini, e non in solido per l’intero sugli stessi (giurisprudenza ormai pacifica);
2) il titolo formatosi contro il condominio è valido, ai fini dell’azione esecutiva, contro i singoli condomini (si ritiene in tale ottica inammissibile l’azione di condanna contro il singolo condomino, laddove il creditore già disponga di un titolo esecutivo nei confronti del condominio);
3) per procedere ad esecuzione forzata nei confronti del singolo condomino in base al titolo esecutivo formatosi contro il condominio occorre preventivamente notificare personalmente detto titolo (anche in caso di decreto ingiuntivo, non essendo applicabile in tale ipotesi l’art. 654 del codice di procedura civile, secondo il quale ai fini dell’esecuzione non occorre una nuova notificazione del decreto già notificato, ma nel precetto deve farsi menzione del provvedimento che ha disposto l’esecutorietà e dell’apposizione della formula esecutiva sul decreto)
.
La corte, censurando i giudici di merito, esclude che il creditore sia onerato della prova della misura della quota millesimale spettante a ciascuno di tali singoli condomini (motivo per il quale è stata accolta l’opposizione a precetto proposta dai condomini A e B).
Ritiene infatti la corte che «laddove il singolo condomino intimato del pagamento del debito del condominio (per intero, o comunque senza specificazione della minor quota su di lui gravante) proponga opposizione all’esecuzione, dovrà dimostrare, a sostegno dell’opposizione proposta, la misura della sua partecipazione condominiale. In caso contrario subirà l’esecuzione per la quota allegata dal creditore e, laddove detta quota non sia stata specificata, per l’intero debito di cui risulti intimato il pagamento (ferme restando, nel vigore della nuova normativa, le limitazioni di cui al secondo comma dell’art. 63 disp. att. c.p.c. in tema di beneficium excussionis)».
Dispongono infatti i primi due commi dell’articolo 63 delle disposizioni per l’attuazione del codice civile:
«Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea, l’amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi.
I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini».
La corte cassa pertanto la sentenza della corte d’appello di Napoli, alla quale rispedisce la causa, imponendole di attenersi a questo principio di diritto: «l’esecuzione nei confronti di un singolo condomino, sulla base di titolo esecutivo ottenuto nei confronti del condominio, per le obbligazioni di fonte negoziale contratte dall’amministratore, può avere legittimamente luogo esclusivamente nei limiti della quota millesimale del singolo condomino esecutato, che il creditore può limitarsi ad allegare; nel caso in cui il creditore ne ometta la specificazione e/o proceda per il totale dell’importo portato dal titolo nei confronti di un solo condomino, implicitamente allegando una responsabilità dell’intimato per l’intero ammontare dell’obbligazione, quest’ultimo potrà opporsi all’esecuzione deducendo di non essere affatto condomino, ovvero deducendo che la sua quota millesimale è inferiore a quella esplicitamente o implicitamente allegata dal creditore; nel primo caso, l’onere di provare il fatto costitutivo di detta qualità spetterà al creditore procedente, ed in mancanza il precetto dovrà essere dichiarato inefficace per l’intero; nel secondo caso sarà lo stesso opponente a dover dimostrare l’effettiva misura della propria quota condominiale; se tale dimostrazione venga fornita, l’atto di precetto dovrà essere dichiarato inefficace per l’eccedenza, ma resterà valido per la minor quota parte dell’obbligazione effettivamente gravante sul singolo condomino; in mancanza di tale dimostrazione, l’opposizione non potrà invece essere accolta, l’atto di precetto non potrà essere dichiarato inefficace e resterà quindi efficace per l’intera quota di cui il creditore ha intimato il pagamento».