Finita la famiglia, finisce il comodato
Marta propone ricorso al tribunale di Spoleto, al quale riferisce: di aver concesso in comodato al figlio Francesco e alla compagna Lucia, con lui convivente more uxorio, un appartamento di sua proprietà, al fine di soddisfare, senza alcun termine di durata, le esigenze abitative della famiglia di fatto; che la convivenza è cessata per avere Lucia stretto una relazione con un’altra persona e per aver la medesima acquistato un’altra casa in comproprietà col nuovo compagno, detenendo l’immobile ricevuto in comodato solo di notte; che, nel frattempo, ad essa comodante è sopravvenuto un urgente ed imprevedibile bisogno abitativo.
Sulla base di questi presupposti, Marta chiede che sia ordinato a Lucia il rilascio dell’immobile.
Il tribunale, con sentenza del 21 novembre 2013, rigetta la domanda, ritenendo insussistenti i presupposti per il rilascio dell’appartamento ad nutum, non essendo venuta meno la destinazione dell’abitazione a casa familiare e non risultando provato l’urgente ed imprevedibile bisogno della comodante.
Marta impugna la sentenza davanti alla corte d’appello di Perugia, la quale, con sentenza n. 582 del 29 ottobre 2015, in accoglimento dell’appello, condanna Lucia al rilascio dell’immobile e compensa integralmente tra le parti le spese dei due gradi di giudizio.
La corte ritiene che, in mancanza di un termine del contratto di comodato, il medesimo debba essere stabilito, in applicazione dei principi di buona fede nell’esecuzione del contratto, con riguardo al momento in cui la coppia raggiunga una condizione economica adeguata e sufficiente per provvedere all’abitazione familiare in modo autonomo, di guisa da potersi configurare il diritto del comodante alla restituzione ad nutum (vale a dire, senza addurre alcuna giustificazione) prevista dall’art. 1810 del codice civile. Ciò anche alla luce dell’uso puramente strumentale, di notte, dell’abitazione da parte di Lucia, che ha, nel frattempo, non solo interrotto la convivenza con il figlio di Marta, ma ha altresì acquistato un’altra casa con un nuovo compagno. Secondo la corte la comodante ha pertanto diritto alla restituzione dell’immobile senza alcun onere di giustificazione ai sensi dell’art. 1809 comma 2 del codice civile.
Lucia propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, al quale Marta resiste con controricorso, illustrato da memoria.
La terza sezione civile della corte decide con ordinanza n. 21785/19, depositata il 29 agosto 2019.
Con il primo motivo Lucia denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1809 e 1810 del codice civile per avere la corte d’appello ritenuto che il contratto di comodato intercorrente tra le parti in causa, pur essendo volto a soddisfare le esigenze della famiglia di fatto, debba essere ascritto al genus del contratto di comodato precario, con la conseguente possibilità per il comodante di esigere la restituzione del bene ad nutum. Questa tesi contrasterebbe con la giurisprudenza consolidata della corte di cassazione che esclude, nel caso di comodato concesso per l’abitazione di un nucleo familiare, la possibilità del recesso ad nutum.
Il motivo viene ritenuto fondato dalla corte, ma questo non consente di pervenire ad una decisione di accoglimento del ricorso, perché la sentenza si basa su più rationes decidendi, alcune delle quali resistono ai motivi di ricorso.
Afferma la corte di cassazione che «nel caso in esame, per quanto la ratio decidendi, se correlata alla mera funzionalizzazione del comodato alla tutela delle esigenze familiari, avrebbe potuto condurre astrattamente all’accoglimento del motivo di ricorso, le caratteristiche concrete del rapporto quali dedotte in giudizio fanno invece propendere per la cessazione del comodato in ragione del venir meno della reale destinazione della casa concessa alla L. per esigenze familiari. È pacifico e non contestato in giudizio che la L. abbia ricreato un nuovo nucleo familiare con altra persona e con questa nuova persona abbia anche acquistato un nuovo immobile nel quale ha trasferito la propria casa. È altresì incontestato che, mentre nella nuova abitazione si svolge la vita familiare della L. e della figlia, la vecchia abitazione sia rimasta occupata, a meri fini strumentali, per evitare cioè una pronuncia di restituzione dell’immobile alla legittima proprietaria, soltanto di notte. Da quanto esposto deriva che le esigenze connesse all’uso familiare dell’immobile concesso in comodato sono certamente venute meno […]. Nel caso di specie la sentenza ha correttamente attribuito rilievo decisivo all’avvenuto acquisto di un nuovo immobile da parte della L. con il nuovo compagno, il che implica logicamente la dissoluzione del nucleo familiare beneficiario e l’obbligo di restituzione del bene».
La corte, in conclusione, rigetta il ricorso di Lucia e la condanna alla rifusione, in favore di Marta, delle spese del giudizio di cassazione.