Interessi corrispettivi, interessi moratori ed usura
Marcello propone opposizione contro la procedura esecutiva immobiliare intrapresa a suo danno dal Credito Valtellinese, deducendo l’applicazione di un tasso di interesse usurario nel contratto di mutuo fondiario posto alla base dell’azione esecutiva.
Sospesa la procedura esecutiva, Marcello introduce dinanzi al tribunale di Monza la fase di merito, chiedendo che sia accertata e dichiarata la natura usuraria delle clausole di pattuizione degli interessi contenute nel contratto di mutuo, con conseguente restituzione degli importi indebitamente versati a tale titolo.
Il tribunale, espletata una consulenza tecnica d’ufficio, rigetta le domande di Marcello. In particolare, ravvisa l’assenza di prova di usurarietà sia dell’interesse corrispettivo, sia di quello moratorio, escludendo che, ai fini della verifica del superamento del cosiddetto “tasso soglia”, i due debbano cumularsi, essendo invece destinati ad essere applicati solo in via alternativa. Rileva, inoltre, che l’interesse di mora è rimasto automaticamente al di sotto del “tasso soglia”, poiché nel contratto è inserita una clausola “di salvaguardia”, la quale prevede che il saggio di interessi convenzionale debba mantenersi «comunque entro il limite fissato dalla L. n. 108 del 1996, art. 2».
L’appello di Marcello viene dichiarato inammissibile dalla corte d’appello di Milano con ordinanza ai sensi dell’art. 348-bis del codice di procedura civile (vale a dire, fondata sulla valutazione secondo la quale l’appello non ha una ragionevole probabilità di essere accolto).
Marcello propone allora ricorso per cassazione contro la sentenza di primo grado, come previsto dall’art. 348-ter comma 3 cpc.
Il Credito Valtellinese resiste con controricorso.
La terza sezione civile della corte di cassazione accoglie il ricorso di Marcello con ordinanza numero 26286/19, depositata il 17 ottobre 2019.
L’ordinanza è un eccellente trattato sugli argomenti controversi e merita di essere letta per intero.
Mi limito qui a riportare i soli principi di diritto — ben quattro — enunciati dalla corte.
Primo principio di dritto:
«Nei rapporti bancari, gli interessi corrispettivi e quelli moratori contrattualmente previsti vengono percepiti ricorrendo presupposti diversi ed antitetici, giacché i primi costituiscono la controprestazione del mutuante e i secondi hanno natura di clausola penale, in quanto costituiscono una determinazione convenzionale preventiva del danno da inadempimento. Essi, pertanto, non si possono fra loro cumulare. Tuttavia, qualora il contratto preveda che il tasso degli interessi moratori sia determinato sommando al saggio degli interessi corrispettivi previsti dal rapporto un certo numero di punti percentuale, è al valore complessivo risultante da tale somma, non ai soli punti percentuali aggiuntivi, che occorre aver riguardo al fine di individuare il tasso degli interessi moratori effettivamente applicati».
Secondo principio di diritto:
«Nei rapporti bancari, anche gli interessi convenzionali di mora, al pari di quelli corrispettivi, sono soggetti all’applicazione della normativa antiusura, con la conseguenza che, laddove la loro misura oltrepassi il c.d. “tasso soglia” previsto dalla L. 7 marzo 1996, n. 108, art. 2, si configura la cosiddetta usura c.d. “oggettiva” che determina la nullità della clausola ai sensi dell’art. 1815 c.c., comma 2. Non è di ostacolo la circostanza che le istruzioni della Banca d’Italia non prevedano l’inclusione degli interessi di mora nella rilevazione del T.E.G.M. (tasso effettivo globale medio), che costituisce la base sulla quale determinare il “tasso soglia”. Infatti, poiché la Banca d’Italia provvede comunque alla rilevazione della media dei tassi convenzionali di mora (solitamente costituiti da alcuni punti percentuali da aggiungere al tasso corrispettivo), è possibile individuare il “tasso soglia di mora” del semestre di riferimento, applicando a tale valore la maggiorazione prevista dalla L. n. 108 del 1996, art. 2, comma 4. Tuttavia, resta fermo che, dovendosi procedere ad una valutazione unitaria del saggio di interessi concretamente applicato – senza poter più distinguere, una volta che il cliente è stato costituito in mora, la “parte” corrispettiva da quella moratoria -, al fine di stabilire la misura oltre la quale si configura l’usura oggettiva, il “tasso soglia di mora” deve essere sommato al “tasso soglia” ordinario (analogamente a quanto previsto dalla sentenza delle Sezioni unite n. 16303 del 2018, in tema di commissione di massimo scoperto)».
Terzo principio di diritto:
«Per gli interessi convenzionali di mora, che hanno natura di clausola penale in quanto consistono nella liquidazione preventiva e forfettaria del danno da ritardato pagamento, trovano contemporanea applicazione l’art. 1815 c.c., comma 2, che prevede la nullità della pattuizione che oltrepassi il “tasso soglia” che determina la presunzione assoluta di usurarietà, ai sensi della L. n. 108 del 1996, art. 2, e l’art. 1384 c.c., secondo cui il giudice può ridurre ad equità la penale il cui ammontare sia manifestamente eccessivo. Sono infatti diversi i presupposti e gli effetti, giacché nel secondo caso la valutazione di usurarietà è rimessa all’apprezzamento del giudice (che solo in via indiretta ed eventuale può prendere a parametro di riferimento il T.E.G.M.) e, comunque, l’obbligazione di corrispondere gli interessi permane, sia pur nella minor misura ritenuta equa».
Quarto principio di diritto:
«In tema di rapporti bancari, l’inserimento di una clausola “di salvaguardia”, in forza della quale l’eventuale fluttuazione del saggio di interessi convenzionale dovrà essere comunque mantenuta entro i limiti del c.d. “tasso soglia” antiusura previsto dalla L. n. 108 del 1996, art. 2, comma 4, trasforma il divieto legale di pattuire interessi usurari nell’oggetto di una specifica obbligazione contrattuale a carico della banca, consistente nell’impegno di non applicare mai, per tutta la durata del rapporto, interessi in misura superiore a quella massima consentita dalla legge. Conseguentemente, in caso di contestazione, spetterà alla banca, secondo le regole della responsabilità ex contractu, l’onere della prova di aver regolarmente adempiuto all’impegno assunto».
Poiché il tribunale non si è attenuto ad alcuno dei quattro principi formulati sopra, la sentenza del tribunale di Monza viene cassata e la causa rinviata, come previsto dall’art. 383 comma 4 cpc, alla corte d’appello di Milano, che dovrà pronunciarsi sull’appello di Marcello attenendosi ai quattro principi di diritto formulati sopra.