Figlie sposate, padre liberato
Mario e Giovanna, con ricorso congiunto presentato al tribunale di Taranto, ottengono la dichiarazione di cessazione degli effetti civili del loro matrimonio. Il tribunale dichiara altresì Mario tenuto a versare a Giovanna un contributo mensile al mantenimento delle due figlie, sino a quando queste non avranno terminato gli studi universitari.
Le figlie di Mario e Giovanna si laureano e successivamente si sposano.
Mario cessa di versare il contributo al mantenimento delle figlie, dall’obbligo del quale si ritiene liberato.
Passati cinque anni, Mario riceve un atto di precetto per 36.910,10 euro, pari all’ammontare dei contributi non versati a Giovanna per le figlie.
Mario paga, e intanto si rivolge al tribunale per far modificare le condizioni del divorzio, dichiarando cessato il suo obbligo di versare il contributo. Successivamente cita Giovanna in giudizio per sentirla condannare alla restituzione della somma pagata dopo il matrimonio delle due figlie.
La domanda di Mario viene respinta sia in primo che in secondo grado.
Mario allora si rivolge alla corte di cassazione, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 2033 del codice civile, per avere escluso il carattere indebito del pagamento del contributo di mantenimento per le figlie, essendo il vincolo obbligatorio, cioè la causa giustificativa del pagamento stesso, cessato quantomeno dalla data del matrimonio delle due figlie.
La prima sezione civile della corte accoglie il ricorso con ordinanza numero 3659/20, depositata il 13 febbraio 2020.
La decisione viene così giustificata:
«Ad avviso della Corte territoriale, la domanda di ripetizione dell’indebito “può ritenersi fondata solo nei casi di inesistenza originaria della causa giustificativa del pagamento o di sopravvenuto venir meno ma con effetto retroattivo del vincolo obbligatorio” e, tuttavia, nella specie la ripetizione non era possibile perché le somme erano state versate sulla base di un valido titolo giudiziale (l’ordinanza del tribunale del 5 novembre 1991, modificativa di un provvedimento precedente) che imponeva l’obbligo di mantenimento a carico del M. , venuto meno solo a seguito del provvedimento successivamente adottato, in data 2 maggio 2007, in sede di revisione delle condizioni economiche, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 9 e con effetto dal 13 ottobre 2006″.
Questa impostazione non è condivisibile.
Nella specie, risulta dalla sentenza impugnata ed è incontestato tra le parti che le figlie si sposarono nel […] e […], raggiungendo la definitiva indipendenza economica. È questa una circostanza non secondaria ma decisiva che giustifica il venir meno dell’obbligo del padre di provvedere al loro mantenimento e del diritto della G. di ricevere il contributo per le figlie maggiorenni e indipendenti economicamente.
Si deve aggiungere che prima dei rispettivi matrimoni entrambe le figlie avevano conseguito il diploma di laurea che faceva venire meno l’obbligo di mantenimento da parte del padre, in base all’accordo raggiunto tra i coniugi in sede di divorzio congiunto (avente natura negoziale per quanto concerne la prole e i rapporti economici, salvo il controllo del giudice sul rispetto di disposizioni inderogabili, cfr. Cass. n. 19540 del 2018, n. 18066 del 2014).
Il fatto che il procedimento di revisione delle condizioni economiche proprie del regime post-coniugale sia stato introdotto dal M. solo più tardi, al fine di ottenere il riconoscimento formale del mutamento di dette condizioni e di essere esonerato da ulteriori pagamenti per il futuro, non impedisce la proposizione dell’azione restitutoria delle somme corrisposte indebitamente, a norma dell’art. 2033 c.c., che ha portata generale e si applica a tutte le ipotesi di inesistenza, originaria o sopravvenuta, del titolo di pagamento, qualunque ne sia la causa (tra le più recenti, Cass. n. 18266 del 2018).
Spetta al giudice cui sia proposta la domanda restitutoria di indebito di valutarne la fondatezza, in relazione alla sopravvenienza di eventi successivi che hanno messo nel nulla la causa originaria giustificativa dell’obbligo di pagamento (condictio ob causam finitam).
Questa Corte ha avuto occasione di precisare che l’irripetibilità delle somme versate dal genitore obbligato all’ex coniuge si giustifica solo ove gli importi riscossi abbiano assunto una concreta funzione alimentare, che non ricorre ove ne abbiano beneficiato figli maggiorenni ormai indipendenti economicamente in un periodo in cui era noto il rischio restitutorio (Cass. n. 11489 del 2014; nel senso che il principio di irripetibilità delle somme versate, in caso di revoca giudiziale dell’assegno di mantenimento, non trova applicazione in assenza del dovere di mantenimento medesimo, cfr. Cass. n. 21675 del 2012)».
Ne consegue la cassazione della sentenza di appello, con rinvio alla corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, in diversa composizione, anche per le spese.