Due cause sono troppe per un solo incidente
Cozzano le automobili di Scipione e Gaio, per colpa di quest’ultimo. Ne conseguono danni al veicolo e alla persona di Scipione.
Esperite le cure del caso, Scipione cita Gaio e la società assicuratrice C davanti al locale giudice di pace, al fine di ottenere il risarcimento dei danni al veicolo.
Successivamente lo stesso Scipione propone una nuova causa contro le stesse parti davanti allo stesso giudice, al fine di ottenere il risarcimento dei danni alla persona.
Nella seconda causa la società C lamenta la violazione del divieto di frazionamento della tutela giudiziaria da parte di Scipione, ma senza successo.
In appello la situazione viene ribaltata: il tribunale di Brindisi dichiara improcedibile la domanda, rilevando come preminente la finalità dilatoria della strategia difensiva e consumata la violazione del divieto di frazionamento della tutela giudiziaria, riferita all’azione risarcitoria, in ossequio ai doveri di buona fede e correttezza processuale derivanti dall’introduzione nell’art. 111 della Costituzione del principio del giusto processo.
Scipione ricorre per cassazione, con atto articolato su due motivi.
Il ricorso viene rigettato dalla corte con sentenza della terza sezione civile numero 8530/20, depositata il 6 maggio 2020.
Col primo motivo, Scipione invoca la rilettura del divieto di frazionamento del credito alla luce della nota sentenza delle sezioni unite numero 4090/17, che, a suo dire, avrebbe escluso, in difetto di previsioni normative, la sanzione di improponibilità di domande frazionate.
Col secondo motivo sostiene la sussistenza di un oggettivo interesse a base del frazionamento, per la derivante maggiore celerità di definizione, dovuta all’immediata proponibilità della domanda per danni materiali ed al più snello iter procedimentale dinanzi al giudice di pace adito. Ove fosse stata proposta un’unica domanda per tutti i danni derivanti dall’incidente, infatti, sarebbe stato competente il tribunale, che ha di regola tempi di decisione notevolmente più lunghi.
Troppo poco, secondo la corte, che rigetta il ricorso formulando il seguente principio di diritto:
«Anche dopo il riconoscimento, a determinate condizioni, dell’ammissibilità di un frazionamento di crediti afferenti ad un unitario rapporto di durata, il danneggiato, a fronte di un unitario fatto illecito lesivo di cose e persone, non può frazionare la tutela giudiziaria, agendo in tempi separati e distinti per il risarcimento dei danni patrimoniali e di quelli non patrimoniali, poiché tanto integra una condotta che aggrava la posizione del danneggiante-debitore e causa ingiustificato aggravio del sistema giudiziario; né integra un interesse oggettivamente valutabile, idoneo a giustificare quel frazionamento e di per sé sola considerata, la prospettata maggiore speditezza del procedimento dinanzi ad uno anziché ad altro dei giudici aditi in ragione della competenza per valore sulle domande risultanti dal frazionamento, dinanzi all’aggravio di costi ed oneri della controparte e a detrimento della funzionalità del sistema giudiziario; mentre l’imposizione di presupposti processuali più gravosi per le azioni per una delle componenti del danno non giustifica, di per sé sola e soprattutto in caso di intervalli temporali modesti, l’attivazione separata della tutela giudiziaria».
A carico di Scipione viene perciò posto il pagamento delle spese in favore della società C, liquidate in euro 2.900,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.