È difficile usucapire un lastrico solare
Nel 2003 i fratelli Gracchi agiscono davanti al tribunale di Roma per l’accertamento della proprietà esclusiva dei lastrici solari/terrazze di copertura di alcuni fabbricati, assumendo di averli acquistati a titolo di successione mortis causa e, comunque, di averli posseduti per il tempo sufficiente ad usucapire.
Il convenuto Marcello resiste in giudizio, adducendo di essere proprietario esclusivo dei lastrici.
In corso di causa i fratelli Gracchi cedono la proprietà immobiliare oggetto di contesta alla società G, che interviene in giudizio facendo proprie le ragioni degli attori.
La domanda di usucapione viene accolta dal tribunale di Roma con sentenza del 2007, che la corte d’appello di Roma, a seguito di impugnazione da parte di Marcello, conferma nel 2015.
Contro la sentenza della corte d’appello Marcello propone ricorso per cassazione, sulla base di cinque motivi.
Basta il primo, ritenuto fondato dalla seconda sezione civile della corte di cassazione con ordinanza numero 9380/20, depositata il 21 maggio 2020.
Con tale motivo Marcello contesta la sussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi dell’usucapione, assumendo, nell’ordine: 1) che l’acquisto dei lastrici solari da parte sua nel 1996 avrebbe interrotto il possesso esercitato dagli attori; 2) che, essendo i lastrici solari oggetto di proprietà comune a tutti i condomini, ai sensi dell’art. 1117 del codice civile, gli attori avrebbero dovuto dimostrare di aver posseduto escludendo gli altri comproprietari; 3) che, infine, la corte d’appello avrebbe omesso di considerare il vincolo pertinenziale esistente tra i lastrici solari e gli appartamenti.
La corte rimprovera al giudice di appello di aver accolto la domanda di usucapione senza avere previamente accertato la natura condominiale o non degli immobili in contestazione, laddove il lastrico solare è compreso nel catalogo delle parti comuni del fabbricato, ai sensi dell’art. 1117 cc, con conseguente presunzione di condominialità.
Il lastrico solare, dice la corte, ben può essere di proprietà esclusiva di un singolo condomino, il che porta ad ammettere che la proprietà dello stesso possa essere acquistata per usucapione.
Tuttavia, «il condomino che deduce di avere usucapito la cosa comune deve provare di averla sottratta all’uso comune per il periodo utile all’usucapione, e cioè deve dimostrare una condotta diretta a rivelare in modo inequivoco che si è verificato un mutamento di fatto nel titolo del possesso, costituita da atti univocamente rivolti contro i compossessori, e tale da rendere riconoscibile a costoro l’intenzione di non possedere più come semplice compossessore, non bastando al riguardo la prova del mero non uso da parte degli altri condomini, stante l’imprescrittibilità del diritto in comproprietà».
Ne consegue la cassazione della la sentenza impugnata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla corte d’appello di Roma in altra composizione.