Le spese di resistenza sono a carico dell'assicuratore
Con sentenza del 9 marzo 2012 il tribunale di Napoli, in parziale accoglimento della domanda risarcitoria proposta da Paolo per i danni da infiltrazioni subiti dal proprio appartamento, condanna Dino (proprietario del soprastante immobile) e il condominio al pagamento in suo favore della somma di 13.639 euro, ripartita per 1/3 a carico del primo e per 2/3 a carico del secondo, oltre che al pagamento in solido tra loro delle spese di lite in favore dell’attore; pone altresì a carico dei predetti le spese di consulenza tecnica d’ufficio, in ragione di metà ciascuno; dichiara invece prescritta la domanda di manleva proposta da Dino nei confronti della propria assicuratrice per la responsabilità civile, la società A.
La corte d’appello di Napoli, pronunciando sui gravami hinc et inde proposti, ridetermina in aumento l’importo liquidato in favore di Paolo a titolo di risarcimento del danno, e – in accoglimento del solo quinto motivo dell’appello proposto da Dino, con riferimento alla domanda di manleva -, esclusa la prescrizione del relativo diritto, condanna la società A «a rivalere il predetto appellante di tutte le somme poste a suo carico […], ivi comprese le spese di c.t.u. e le spese di giudizio».
Ricorre per cassazione Dino, lamentando che il giudice di secondo grado si è limitato a condannare l’assicuratore a rifondergli le sole spese di soccombenza, senza accordare anche quelle di resistenza, così violando l’art. 1917 del codice civile.
La sesta sezione civile della corte di cassazione decide sul ricorso con ordinanza numero 18076/20, depositata il 31 agosto 2020.
La corte ricorda che «l’assicurato contro i rischi della responsabilità civile, ove commetta un fatto illecito dal quale scaturisca una lite giudiziaria, può andare incontro a tre diversi tipi di spese processuali:
a) le spese di soccombenza, cioè quelle che egli è tenuto a rifondere alla parte avversa vittoriosa, in conseguenza della condanna alle spese posta a suo carico dal giudice;
b) le spese di resistenza, cioè quelle sostenute per remunerare il proprio difensore ed eventualmente i propri consulenti, allo scopo di resistere alla pretesa attorea;
c) le spese di chiamata in causa, cioè quelle sostenute per convenire in giudizio il proprio assicuratore, chiedendogli di essere tenuto in caso di accoglimento della pretesa del terzo danneggiato.
Le spese di soccombenza non costituiscono che una delle tante conseguenze possibili del fatto illecito commesso dall’assicurato e perciò l’assicurato ha diritto di ripeterle dall’assicuratore, nei limiti del massimale.
Le spese di resistenza non costituiscono propriamente una conseguenza del fatto illecito, ma rientrano nel genus delle spese di salvataggio (art. 1914 c.c.), in quanto sostenute per un interesse comune all’assicurato ed all’assicuratore.
Tali spese perciò possono anche eccedere il limite del massimale, nella proporzione stabilita dall’art. 1917 c.c., comma 3.
Le spese di chiamata in causa dell’assicuratore, infine, non costituiscono nè conseguenze del rischio assicurato, nè spese di salvataggio, ma comuni spese processuali, soggette alla disciplina degli artt. 91 e 92 c.p.c.».
Ciò premesso, la corte rileva che effettivamente la corte d’appello non ha «accordato all’assicurato la rifusione delle spese di resistenza, ovvero, come accennato, quelle sostenute per remunerare il proprio avvocato al fine di contrastare la pretesa attorea».
Così giudicando, la corte d’appello «ha effettivamente violato l’art. 1917 c.c., comma 3, in quanto ha negato all’assicurato un diritto che costituisce un effetto naturale, ex art. 1374 c.c., del contratto di assicurazione della responsabilità civile».
Ne consegue la cassazione la sentenza in relazione al motivo accolto con rinvio alla corte di appello di Napoli in diversa composizione, cui viene demandato di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.