La disciplina antiusura si applica agli interessi moratori
L’articolo 1815 del codice civile stabilisce:
Salvo diversa volontà delle parti, il mutuatario deve corrispondere gli interessi al mutuante. Per la determinazione degli interessi si osservano le disposizioni dell’art. 1284.
Se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi.
Il testo del comma 2 è stato così modificato dall’articolo 4 della legge 7 marzo 1996 n. 108 (cosiddetta “legge anti-usura”). Questa legge ha ampliato notevolmente l’ambito di applicazione del reato di usura, stabilendo che esso si realizza quando viene superato il limite del tasso soglia d’usura pubblicato trimestralmente sulla Gazzetta Ufficiale.
Per esempio, il tasso soglia per i mutui a tasso variabile nel secondo trimestre del 2020 è 6,825%.
Il nuovo testo del secondo comma dell’articolo 1815 del codice civile ha dato luogo ad un immane contenzioso, nonché ad un florido mercato di perizie per determinare l’ammontare degli interessi usurari indebitamente percepiti da operatori finanziari, dei quali è possibile chiedere la restituzione integrale.
Una delle questioni più controverse in questa materia è stata a lungo se la disciplina antiusura si applichi agli interessi moratori.
Un contratto di mutuo prevede di regola sia interessi corrispettivi che interessi moratori. Gli interessi corrispettivi hanno funzione remunerativa, i moratori, invece, risarcitoria. L’interesse corrispettivo costituisce la remunerazione concordata per il godimento diretto di una somma di denaro, avuto riguardo alla normale produttività della moneta, mentre l’interesse di mora, secondo quanto previsto dall’articolo 1224 del codice civile, rappresenta il danno conseguente l’inadempimento di un’obbligazione pecuniaria.
Con sentenza del tribunale di Genova del 12 giugno 2008 viene revocato un decreto ingiuntivo per 18.500,94 euro oltre interessi al tasso del 17,57% annuo, emesso su istanza della società F contro Paola, a titolo di rate insolute, capitale residuo, interessi moratori e penale, relativi ad un finanziamento concesso con contratto di credito al consumo, e Paola viene condannata al pagamento della minor somma di 12.294,01 euro.
Con sentenza del 30 luglio 2014 la corte d’appello di Genova respinge le impugnazioni principale ed incidentale contro la sentenza del tribunale.
Ricorre per cassazione la società S, cessionaria del credito controverso, sulla base di dieci motivi. Resiste Paola con controricorso.
La prima sezione della corte rimette la causa al primo presidente, per l’eventuale assegnazione alle sezioni unite, sulla questione, sollevata fra le altre nel ricorso, relativa all’applicabilità della disciplina antiusura agli interessi moratori ed alle conseguenze dell’avvenuto superamento del tasso soglia.
Le sezioni unite risolvono la questione con sentenza numero 19597 del 7 luglio 2020, depositata il 18 settembre 2020.
Si tratta di una sentenza monumentale, a conclusione della quale vengono enunciati ben otto principi di diritto, il primo dei quali risolve la questione già menzionata, ed è così formulato:
La disciplina antiusura si applica agli interessi moratori, intendendo essa sanzionare la pattuizione di interessi eccessivi convenuti al momento della stipula del contratto quale corrispettivo per la concessione del denaro, ma anche la promessa di qualsiasi somma usuraria sia dovuta in relazione al contratto concluso.