È valida la clausola testamentaria che inibisce la successione per rappresentazione
Muore Mario, lasciando un testamento nel quale dispone un legato a favore della sorella Virna, per la somma di duecentomila euro. Nel testamento Mario si premura di precisare che, qualora la sorella non voglia o non possa accettare il legato, la somma dovrà andare agli eredi di Mario, e non ai figli di Virna.
Questi ultimi infatti potrebbero subentrare alla madre nel legato per il fenomeno successorio chiamato rappresentazione, il quale «fa subentrare i discendenti nel luogo e nel grado del loro ascendente, in tutti i casi in cui questi non può o non vuole accettare l’eredità o il legato» (così l’articolo 467 del codice civile). Secondo quanto prevede il nostro codice civile, «la rappresentazione ha luogo, nella linea retta, a favore dei discendenti dei figli anche adottivi e, nella linea collaterale, a favore dei discendenti dei fratelli e delle sorelle del defunto» (articolo 468).
Si dà il caso che Virna muoia prima di Mario, cosicché all’apertura della successione del fratello non possa accettare il generoso legato. Tizio e Tazio, figli di Virna, ingolositi dalla somma che la madre non ha potuto riscuotere, convengono in giudizio gli eredi di Mario davanti al tribunale di Verona, chiedendo che sia dichiarata invalida la clausola del testamento di Mario che inibisce la rappresentazione a loro favore, e quindi la facoltà di riscuotere il legato destinato alla madre.
La questione è di particolare interesse, perché non sono noti precedenti di giurisprudenza al riguardo.
Il tribunale di Verona, con ordinanza n. 3436 del 26 gennaio 2022, rigetta la domanda di Tizio e Tazio, «per la decisiva considerazione che nessuna norma di legge prevede il divieto di una clausola testamentaria del predetto tenore o ne prevede la nullità o inefficacia e d’altro canto nemmeno i ricorrenti sono stati in grado di individuare il fondamento normativo della loro pretesa. Essi infatti hanno richiamato il disposto dell’art. 467, comma 2, c.c. che però non prevede un siffatto divieto giacchè si limita a stabilire in quali ipotesi si può avere rappresentazione nella successione senza indicare le conseguenze della violazione di quanto in essa disposto. Al contempo gli attori hanno richiamato a sostegno del loro assunto la posizione di una parte della dottrina, secondo la quale il testatore non potrebbe escludere tout court l’istituto della rappresentazione se l’erede o il legatario non può o non vuole accettare ma nemmeno essa ha un valido sostegno normativo. Su una tesi così lacunosa e fragile non può che prevalere l’argomento del resistente che attribuisce preminenza alla volontà del testatore che intenda escludere il diritto di rappresentazione purché essa, come nel caso di specie, non leda i diritti dei legittimari o altra norma imperativa. Tale clausola integra effettivamente una implicita diseredazione di chi avrebbe potuto giovarsi dell’istituto della rappresentazione (nel caso di specie i ricorrenti quali eredi legittimi di (omissis)) ma essa risulta conforme all’insegnamento della Suprema Corte in punto di validità della disposizione con la quale il testatore si limiti a manifestare la volontà destitutiva di alcuni dei successibili ex lege (Cass. 8352/2012). Può anche escludersi che con la clausola in esame il testatore avesse espresso una mera volontà negativa all’applicazione della rappresentazione, senza riferirsi ad una specifica disposizione o categoria di successibili, previsione che, secondo parte della dottrina, sarebbe quella di più difficile tenuta, poiché (omissis) l’aveva esclusa con riguardo al legato in favore della sorella, così rendendo agevolmente individuabili nei nipoti ex sorore i successibili esclusi dal diritto».