Appalto e custodia
Le società Alfa e Beta sono proprietarie di un fabbricato.
Sottoscrivono con un’impresa un contratto di appalto, avente ad oggetto l’esecuzione di un intervento di manutenzione della guaina impermeabilizzante posta sul tetto dell’edificio.
Disgraziatamente l’esecuzione di tale intervento cagiona un incendio, a seguito del quale le società Gamma e Delta, conduttrici di due unità immobiliari facenti parte dell’edificio, subiscono danni ingenti.
Le società Gamma e Delta promuovono nei confronti delle società Alfa e Beta un giudizio per ottenere il risarcimento dei danni patiti in conseguenza di tale incendio.
Sia il tribunale che la corte d’appello — alla quale si rivolgono infruttuosamente le società Alfa e Beta con impugnazione della sentenza di primo grado — riconoscono il fondamento della domanda, in forza della responsabilità oggettiva delle società Alfa e Beta, prevista dall’articolo 2051 del codice civile, a norma del quale «ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito».
Le società soccombenti impugnano la sentenza davanti alla corte di cassazione, lamentando la violazione degli articoli 2051 del codice civile e 115 del codice di procedura civile, in relazione alla ritenuta configurabilità in capo ad esse di una responsabilità oggettiva da cose in custodia, ex art. 2051 cc, e per avere comunque escluso la sussistenza del caso fortuito, rappresentato dalla condotta colposa della appaltatrice, in tesi presumibile considerato che l’evento si era verificato in contemporanea a lavori svolti con l’utilizzo di un bruciatore a gas liquido.
La terza sezione della corte decide con ordinanza numero 12909 del 22 aprile 2022.
La corte ritiene che «la conclusione di un appalto di opere non comporti in alcun modo la perdita della custodia da parte del committente, non essendo in alcun modo sostenibile che la consegna dell’immobile, affinché vi siano eseguiti i lavori, equivalga a un corrispondente “trasferimento” del ruolo di custode verso i terzi, poiché una simile evenienza finirebbe con l’integrare una sorta di esonero contrattuale da responsabilità nei confronti di chi del negozio non è parte».
La corte richiama la propria giurisprudenza anche recente, ribadendo «come la conclusione dell’appalto tra due parti non possa giungere a incidere surrettiziamente sulla sfera giuridica del terzo, nel senso di deprivarlo del proprio diritto risarcitorio nei confronti del committente/custode; e d’altronde, nell’appalto d’opere – siano esse pubbliche o private – il committente non può non conservare un rapporto con il bene sul quale (o nel quale) vengono eseguite le opere, poiché l’iniziativa consistente nel disporre l’esecuzione di talune opere sul proprio bene non rappresenta null’altro che l’esercizio di un potere giuridico o di fatto su di esso; se, dunque, rispetto all’appaltatore, il titolare di tale potere è un committente, rispetto ai terzi è un custode: l’autonomia dell’appaltatore rimane un fatto di natura tecnica esclusivamente endocontrattuale».
Ne consegue l’affermazione di questo principio di diritto: «nei confronti dei terzi danneggiati dall’esecuzione di opere effettuate in forza di un contratto di appalto, il committente è sempre gravato della responsabilità oggettiva di cui all’art. 2051 cc, la quale non può venir meno per la consegna dell’immobile all’appaltatore ai fini dell’esecuzione delle opere stesse, bensì trova un limite esclusivamente nel ricorso del caso fortuito; il che naturalmente non esclude ulteriori responsabilità ex art. 2043 cc del committente e/o dell’appaltatore».
La corte precisa che il caso fortuito «non può essere applicato con una modalità peculiare e riduttiva, così da reintrodurre, per altra via, un’abusiva contrattualizzazione della fattispecie: esso non può automaticamente coincidere con l’inadempimento dell’appaltatore agli obblighi contrattualmente assunti nei confronti del committente, non potendosi sminuire il concetto di imprevedibilità/inevitabilità che costituisce la sostanza del caso fortuito previsto dall’art. 2051 cc come limite della responsabilità oggettiva ivi configurata; l’imprevedibilità/inevitabilità, pertanto, non dev’essere degradata a una vuota fictio, bensì afferire a una condotta dell’appaltatore non percepibile in toto dal committente».
Considerato che il giudice di merito aveva escluso che il fatto dell’appaltatore avesse assunto quei caratteri di eccezionalità, imprevedibilità e autonoma incidenza causale rispetto all’evento dannoso, tali da integrare il caso fortuito, a della della corte «la contestazione del committente che non discuta i principi di diritto sopra richiamati, deve ritenersi confinata a una mera rilettura nel merito dei fatti di causa».
Da ciò il rigetto del ricorso e la condanna delle ricorrenti alla rifusione delle spese di lite in favore delle società resistenti.