Per i balconi pericolanti rispondono i condomini e non l’amministratore
Il tribunale di Messina condanna quattro persone alla pena di 400 euro di ammenda per il reato di cui all’art. 677 comma 3 del codice penale, per aver omesso di provvedere ai lavori necessari alla messa in sicurezza dei balconi degli appartamenti di loro proprietà, siti in un edificio condo¬miniale. Contro la sentenza di condanna i quattro imputati propongono, con quattro atti distinti ma identici, appello, correttamente qualificato come ricorso per cassazione, deducendo vizio di motivazione e violazione dell’art. 677 comma 3 del codice penale.
Col primo motivo di impugnazione la difesa rileva che gli imputati si sono sempre preoccupati di segnalare la situazione della facciata condominiale all’amministratore e hanno sempre partecipato alle assemblee nelle quali però non si raggiungeva il numero legale; e che pertanto agli stessi non può essere attribuita alcuna colpa specifica, dovendo ricadere la responsabilità su tutti i condomini o comunque su quelli della scala degli imputati, essendosi l’intonaco distaccato da una parte condominiale della facciata.
Col secondo motivo di ricorso la difesa sostiene che i lavori dovevano e potevano eseguirsi solo in ambito condominiale, trattandosi dei frontalini dei balconi, e che nessuna colpa è, quindi, attribuibile agli imputati che non potevano essere tacciati di alcuna inerzia.
Col terzo motivo di impugnazione rileva il difensore che dall’istruttoria dibattimentale svolta non è risultato da quale balcone si staccava il calcinaccio che determinava le lesioni colpose (per le quali è stata pronunciata sentenza di non doversi procedere nei confronti degli imputati per estinzione del reato a seguito di remissione di querela) e che, pertanto, in detta situazione gli imputati andavano assolti.
Del ricorso si occupa la prima sezione penale della corte di cassazione, che decide con sentenza n. 31592, depositata il 24 agosto 2022.
I ricorsi sono dichiarati inammissibili dalla corte:
«In tema di omissione di lavori in costruzioni che minacciano rovina negli edifici condominiali, nel caso di mancata formazione della volontà assembleare e di omesso stanziamento di fondi necessari per porre rimedio al degrado che dà luogo al pericolo, non può ipotizzarsi la responsabilità per il reato di cui all’art. 677 c.p. a carico dell’amministratore del condominio per non aver attuato interventi che non erano in suo materiale potere, ricadendo in siffatta situazione su ogni singolo proprietario l’obbligo giuridico di rimuovere la situazione pericolosa, indipendentemente dall’attribuibilità al medesimo dell’origine della stessa (Sez. 1, n. 50366 del 07/10/2019, Assabese, Rv. 278081)».
«Nel caso in esame il Tribunale di Messina ha correttamente ritenuto di affermare la penale responsabilità degli imputati con riferimento al reato in questione, per non essersi gli stessi attivati al fine di evitare l’evento».
Ha, invero, sottolineato — come riportato in punto di fatto — come non risulti che i medesimi abbiano diffidato l’amministratore del condominio ad intervenire a titolo precauzionale, nè tantomeno che abbiano posto in essere autonomamente degli interventi tesi ad evitare crolli».
«A nulla vale, pertanto, la circostanza aspecificamente evidenziata dalla difesa, secondo cui gli imputati si erano sempre preoccupati di segnalare la situazione della facciata condominiale all’amministratore e avevano sempre partecipato alle assemblee condominiali. A fronte, invero, del provvedimento impugnato che sottolinea che — avendo ammesso gli stessi ricorrenti che l’amministratore condominiale non aveva potuto procedere all’esecuzione dei lavori necessari per la mancata formazione della volontà assembleare sul punto — non può scaricarsi sul medesimo la responsabilità penale della condotta, tantomeno in via esclusiva». […].
«La sentenza impugnata, invero, precisa che nel caso di specie si trattava di interventi da tempo necessari la cui esecuzione era stata di fatto procrastinata a tempo indeterminato».
«I motivi dei ricorsi, di contro, non si confrontano con le argomentazioni di detta sentenza, scevre da vizi logici e giuridici, se non per contestarle in modo generico e non autosufficiente, ripercorrere gli stessi rilievi ampiamente sviscerati dal Giudice di merito ed insistere, sotto le spoglie della violazione di legge e del vizio di motivazione, su una non consentita, in questa sede, rivalutazione di elementi fattuali».