La difficile usucapione del coerede
Metella propone davanti al tribunale di Gaeta una domanda di usucapione nei con-fronti di Publio e Plinio, avente ad oggetto beni ereditari.
Il tribunale, ritenendo che Metella abbia esercitato il possesso esclusivo di detti beni per il tempo necessario ad usucapire le quote dei coeredi, accoglie la domanda, con sentenza confermata dalla corte d’appello di Roma.
Publio propone ricorso per cassazione.
Con l’unico motivo del ricorso deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 1140, 1141, 1144 e 2697 del codice civile, oltre al travisamento dei fatti ed all’omessa motivazione su un fatto decisivo per il giudizio. La corte di merito avrebbe errato nel non ritenere necessario, in caso di usucapione del bene comune, che la disponibilità del bene non fosse dovuta a tolleranza nell’ambito di ragioni di carattere familiare. In definitiva, non risulterebbe che Metella avesse escluso i familiari dal godimento dei beni, sì da con¬fi¬gurare un possesso uti dominus e non uti condominus.
Il ricorso viene assegnato alla sesta sezione civile, che decide su di esso con ordinanza n. 32413 del 3 novembre 2022.
La corte ritiene il ricorso fondato, sulla base di una stringata motivazione:
– il coerede che, dopo la morte del “de cuius”, sia rimasto nel possesso del bene ereditario può, prima della divisione, usucapire la quota degli altri eredi, senza necessità di interversione del titolo del possesso; a tal fine, però, egli, che già possiede “animo proprio” ed a titolo di comproprietà, è tenuto ad estendere tale possesso in termini di esclusività, godendo del bene con modalità incompatibili con la possibilità di godimento altrui e tali da evidenziare un’inequivoca volontà di possedere “uti dominus” e non più “uti condominus”, risultando a tal fine insufficiente l’astensione degli altri partecipanti dall’uso della cosa comune (Cass. Civ. Sez.II, 22.1.2019, n. 1642)».
«- la Corte d’appello, pur avendo richiamato la consolidata giurisprudenza di questa Corte, non ne ha fatto corretta applicazione in quanto ha ritenuto sufficienti le dichiarazioni dei testi che avevano riferito dell’esercizio del possesso da parte di M.G. uti dominus su tutti i beni ereditari sin dalla morte dei genitori, senza chiarire se il godimento dei beni sia stato esclusivo, non essendo sufficiente che vi sia stata l’astensione degli altri partecipanti all’uso della cosa comune»;
«- nella recente pronuncia (Cassazione civile sez. II, 08/04/2021, n. 9359), questa Corte, nel ribadire i principi consolidati in materia di usucapione da parte del coerede, ha escluso che la coabitazione con il de cuius e la disponibilità delle chiavi sia indice del possesso esclusivo dell’immobile»;
«manca nella motivazione della sentenza impugnata qualsiasi riferimento alle modalità dell’estensione del possesso in termini di esclusività, anche in considerazione dei rapporti tra le parti».
La sentenza viene pertanto cassata, con rinvio alla corte d’appello di Roma in diversa composizione che si atterrà, nel decidere, ai principi di diritto sopra enunciati e provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.