Danni da caduta e caso fortuito
Mentre scende dal marciapiede, Maria Giovanna inciampa in un buca posta a ridosso del cordolo, cade a terra e riporta gravi lesioni, curate le quali cita davanti al tribunale di Milano il condominio sul suolo del quale era posta la buca e la società che lo amministra, al fine di ottenere il risarcimento dei danni.
Entrambi i convenuti si costituiscono resistendo alla domanda.
Il giudizio viene dichiarato interrotto a seguito del fallimento della società amministratrice del condominio. Maria Giovanna lo riassume nei confronti di quest’ultimo.
Il tribunale accoglie la domanda condannando il condominio a pagamento di 41.000 euro oltre accessori.
Il condominio propone appello, che viene accolto dalla corte d’appello di Milano, la quale rigetta la domanda di Maria Giovanna e la condanna al pagamento delle spese di lite e alla restituzione di quanto riscosso in forza della sentenza di primo grado. La corte esclude che «nel caso in esame sussistesse una situazione di obiettiva pericolosità, tale da rendere probabile se non inevitabile il danno» e ritiene invece che «il sinistro si sia verificato per una colpevole distrazione» di Maria Giovanna.
Su ricorso di Maria Giovanna, della questione viene investita la terza sezione della corte di cassazione, che decide con ordinanza n. 37059 del 19 dicembre 2022.
La corte accoglie il primo motivo del ricorso, dichiarando assorbiti gli altri, sulla base questo ragionamento:
«ove sia dedotta la responsabilità del custode per la caduta di un pedone in corrispondenza di una sconnessione o buca stradale, l’accertamento della responsabilità deve essere condotto ai sensi dell’art. 2051 c.c. e non risulta predicabile la ricorrenza del caso fortuito a fronte del mero accertamento di una condotta colposa della vittima (la quale potrà invece assumere rilevanza, ai fini della riduzione o dell’esclusione del risarcimento, ai sensi dell’art. 1227 c.c., commi 1 o 2), richiedendosi, per l’integrazione del fortuito, che detta condotta presenti anche caratteri di imprevedibilità ed eccezionalità tali da interrompere il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, così da degradare la condizione della cosa al rango di mera occasione dell’evento di danno»;
«tanto premesso, deve rilevarsi come, nel caso di specie, la Corte di appello sia incorsa in plurimi errori di diritto che l’hanno condotta a prescindere del tutto dalla normativa applicabile – quella appunto di cui all’art. 2051 c.c. – che avrebbe comportato, una volta accertata la dinamica prospettata dalla C. (in termini di caduta conseguente alla perdita di equilibrio determinata dalla buca), la necessità di verificare se il custode (il Supercondominio) avesse fornito la richiesta prova del fortuito»;
«invero, dopo avere evidenziato – correttamente – l’onere del custode “di provare il caso fortuito, ossia l’esistenza di un fattore estraneo che, per il suo carattere di imprevedibilità e di eccezionalità, sia idoneo ad interrompere il nesso causale”, la Corte ha “virato” su un tema diverso, affermando che, “per la prova del nesso causale, occorre dimostrare che lo stato dei luoghi presentava un’obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile il danno”, per giungere poi ad escludere che il sinistro si sia verificato “a causa di una situazione di obiettiva pericolosità” (e ciò – come detto – sull’assunto che il dislivello era ben visibile da parte della C. che già conosceva i luoghi e che, scendendo dal marciapiede, era tenuta a particolare attenzione nel regolare il passo, tanto più in una situazione di piena luce naturale), concludendo che il sinistro si era verificato per una “colpevole distrazione” della vittima»;
«da ciò emerge chiaramente che la Corte territoriale, tradendo le sue stesse premesse, non ha compiuto alcun accertamento sulla ricorrenza del fortuito (quale elemento estraneo alla serie causale riferibile al modo di essere della cosa, imprevedibile ed inevitabile e tale, quindi da elidere il nesso causale con la stessa), ma si è limitata a valutare se la cosa presentasse una situazione di obiettiva pericolosità, con ciò compiendo un accertamento (costituente una riedizione della superata teorica della “insidia o trabocchetto”) che è del tutto inconferente nella cornice dell’art. 2051 c.c.; in essa, infatti, rilevano esclusivamente il riscontro dell’incidenza causale del modo di essere della cosa (nello specifico, l’esistenza della buca) nel determinismo del danno (nel caso, le lesioni conseguite alla caduta) e l’indagine su eventuali elementi esterni, imprevedibili e inevitabili, che abbiano sviluppato un’autonoma ed esclusiva incidenza causale (tale, nella specie, da elidere o rendere irrilevante ogni nesso con la presenza della buca)»;
«per altro verso, la Corte di Appello ha mostrato (implicitamente) di aderire ad una nozione di caso fortuito comprendente anche la condotta colposa del danneggiato, senza tuttavia tener conto della necessità di verificare se detta condotta presentasse anche i requisiti della non prevedibilità e non prevenibilità da parte del custode; è noto, invece, che la giurisprudenza di legittimità ha evidenziato che la condotta della vittima del danno causato da una cosa in custodia può escludere la responsabilità del custode solo “ove sia colposa ed imprevedibile” (Cass. n. 25837/2017), ossia “quando essa, rivelandosi come autonoma, eccezionale, imprevedibile ed inevitabile, risulti dotata di efficacia causale esclusiva nella produzione dell’evento lesivo” (Cass. n. 18317/2015), giacché l’idoneità ad interrompere il nesso causale può essere riconosciuta solo ad un fattore estraneo avente “carattere di imprevedibilità ed eccezionalità” (Cass. n. 2660/2013); in tal senso sono orientati anche i più recenti arresti di legittimità, che, pur affermando che il comportamento del danneggiato (da valutare anche officiosamente ex art. 1227 c.c., comma 1) può assumere incidenza causale tale da interrompere il nesso eziologico tra la cosa e il danno, non hanno mancato di evidenziare che ciò può avvenire “quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale” (Cass. n. 2480/2018 e Cass. n. 9315/2019)»;
«non rilevano dunque la pericolosità della cosa e la correlata prevedibilità del danno, quanto piuttosto il fatto che la cosa abbia – in concreto – avuto incidenza causale nella produzione del danno, mentre i profili della non prevedibilità e non prevenibilità assumono rilevanza in relazione a un diverso elemento, ossia al fatto esterno (naturale o di un terzo o della stessa vittima) che il custode abbia individuato come caso fortuito, dovendosi peraltro escludere che il mero rilievo di una condotta colposa della vittima possa valere, se non connotato da imprevedibilità e inevitabilità, a integrare il fortuito (potendo al più rilevare ai fini dell’applicazione dell’art. 1227 c.c.)».
Pertanto la sentenza di appello viene cassata e la causa rinviata alla corte d’appello di Milano in diversa composizione.