Godimento esclusivo del comproprietario e frutti civili
Barbara e Giovanni, coniugi, si separano. Giovanni chiede l’assegnazione della casa coniugale, ma il tribunale, con sentenza emessa nel 2007, rigetta la domanda.
Nondimeno, Giovanni continua a vivere nella casa coniugale, appartenente alla disciolta comunione legale tra coniugi.
Nel 2010 Barbara cita Giovanni davanti al tribunale di Milano, chiedendone la condanna al pagamento di un importo non inferiore a 250 euro mensili, a titolo di indennità di occupazione dell’immobile.
Instaurato il contraddittorio, nella resistenza di Giovanni, che spiega anche domanda riconvenzionale, deducendo che l’immobile non ricadeva tra i beni oggetto di comunione legale ai sensi dell’articolo 179 lett. b) del codice civile, poiché frutto di una donazione indiretta a lui pervenuta dai genitori, il tribunale, con sentenza del 2016, condanna Giovanni al pagamento in favore di Barbara della somma di 3.150 euro annui, oltre rivalutazione ISTAT, dal febbraio 2007 fino allo scioglimento della comunione tra le parti sull’immobile in questione.
La corte d’appello di Milano, con sentenza emessa l’anno successivo, rigetta l’appello di Giovanni e conferma la sentenza del giudice di prime cure con condanna dell’appellante alla rifusione delle spese di lite.
Giovanni ricorre per la cassazione della sentenza, con ricorso fondato su un solo motivo, al quale Barbara resiste.
La seconda sezione della corte accoglie il ricorso con ordinanza n. 10264 del 18 aprile 2023, cassando la sentenza di appello con rinvio alla corte d’appello di Milano in diversa composizione, che nel decidere la controversia si atterrà al principio di diritto secondo cui «in materia di comunione del diritto di proprietà, allorché per la natura del bene o per qualunque altra circostanza non sia possibile un godimento diretto tale da consentire a ciascun partecipante alla comunione di fare parimenti uso della cosa comune, secondo quanto prescrive l’art. 1102 c.c., i comproprietari possono deliberarne l’uso indiretto. In mancanza di deliberazione, il comproprietario che durante il periodo di comunione abbia goduto l’intero bene da solo senza un titolo che giustificasse l’esclusione degli altri partecipanti alla comunione, deve corrispondere a questi ultimi, quale ristoro per la privazione dell’utilizzazione pro quota del bene comune e dei relativi profitti, i frutti civili con decorrenza dalla data in cui allo stesso perviene manifestazione di volontà degli altri comproprietari di avere un uso turnario o comunque di godere per la loro parte del bene».
Ciò, in quanto, «pur essendo pacifica nella giurisprudenza di questa Corte l’affermazione secondo cui il condividente che non tragga diretto godimento dal bene in comunione, possa chiedere la propria quota parte dei frutti del bene al condividente che invece ne abbia il concreto godimento, non appare condivisibile la decisione del giudice di secondo grado che ha ritenuto di riconoscere il diritto ad indennità della B. fin dal febbraio 2007, a far tempo dalla sentenza di separazione dei coniugi, […], in mancanza di una richiesta di rilascio del bene in favore della controricorrente ovvero di istanza di uso turnario del bene medesimo o di richiesta da parte della stessa di ricevere la quota parte dei frutti non goduti (pertanto, in mancanza di accertamenti circa le concrete richieste della condividente non beneficiaria del bene a ricevere siffatti frutti). Infatti, dalla sentenza impugnata si ricava che l’oggetto di comunione è l’abitazione coniugale e dunque una cosa per definizione idonea a produrre frutti civili, di cui il G. ne [sic] ha goduto in via esclusiva. Sulla base di tali premesse di fatto, la Corte d’appello ha falsamente applicato (invece delle norme sulla comunione) l’art. 1148 c.c., che disciplina il caso, affatto diverso, della sorte dei frutti naturali o civili percepiti dal possessore di buona fede il quale debba restituire la cosa al rivendicante. Tale norma regola l’attribuzione dei frutti nel conflitto esterno tra possessore in buona fede e proprietario, e dunque non può operare per disciplinare il diverso problema della ripartizione interna fra più comproprietari dei frutti ritratti o ritraibili dalla cosa comune».