Prova del mutuo e indebito oggettivo
Allegando la mancata restituzione di un prestito ricevuto per l’acquisto di un’autovettura, Bruno ottiene un decreto ingiuntivo del tribunale per ottomila euro nei confronti di Brunilde, sua ex moglie.
Il medesimo tribunale rigetta l’opposizione proposta da Brunilde, la quale, non soddisfatta, propone appello, rigettato dalla corte d’appello di Catania con sentenza dell’11 aprile 2022.
Brunilde ricorre per la cassazione della sentenza, con ricorso fondato su due motivi, al quale Bruno resiste.
Il primo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione degli articoli 2697 e 2033 del codice civile, nonché omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, per avere il giudice di appello confermato in toto il ragionamento del Tribunale nonostante Bruno non avesse dimostrato l’esistenza di un rapporto di mutuo e la dazione della somma chiesta in restituzione fosse chiaramente riconducibile nell’ambito dei rapporti di solidarietà tra coniugi.
Il secondo motivo di ricorso deduce vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza circa un punto decisivo della controversia, censurando la sentenza impugnata per non avere considerato le difese di Brunilde, confermando la decisione di primo grado nonostante Bruno non avesse fornito alcuna prova di avere consegnato la somma con l’obbligo della sua restituzione e finendo col gravare Brunilde dell’onere di dimostrare di averla ricevuta a titolo di liberalità.
Il ricorso fa cilecca, in quanto la seconda sezione della corte lo rigetta con ordinanza n. 11664 del 4 maggio 2023:
«Le censure sono infondate perché il percorso motivazionale della decisione appare conforme all’orientamento della giurisprudenza di legittimità, avendo il giudice distrettuale richiamato l’arresto di questa Corte n. 17050 del 2014, seguito da altre successive (Cass. n. 27372 del 2021), che il Collegio condivide, secondo cui se è pur vero che chi agisce per l’adempimento di un obbligo di restituzione di somme che assume di avere pagato è tenuto a fornire la prova del titolo su cui fonda la sua pretesa, è anche innegabile che chi riceve il denaro altrui non è in linea di principio autorizzato a trattenerlo “senza causa”, e che la mancata prova da parte dell’attore della sussistenza di un contratto di mutuo, a giustificazione del diritto alla restituzione di somme che concretamente dimostri di avere versato, non elimina il problema di accertare se sia consentito all’accipiens di trattenere le somme ricevute, senza essere tenuto quanto meno ad allegare la causa che ne giustifichi l’acquisizione. Il nostro ordinamento annovera fra i suoi principi basilari quello dell’inammissibilità di trasferimenti di ricchezza ingiustificati, cioè privi di una causa legittima che giustifichi il passaggio di denaro o di beni da un patrimonio ad un altro. Ne discende che il rigetto della domanda di restituzione dell’asserito mutuante, per mancanza di prova della pattuizione del relativo obbligo, è condizionato anche dalla risoluzione della questione relativa alla sussistenza di una causa che giustifichi il diritto dell’accipiens a trattenere le somme ricevute, qualora questi non deduca alcuna valida causa idonea a giustificarlo, specie se si consideri che, come risulta dalla sentenza impugnata, il B. aveva fondato la sua domanda anche sotto il profilo dell’indebito oggettivo, ex art. 2033 c.c.».
«Seguendo tale criterio di valutazione la Corte di appello ha affermato che l’allegazione della controparte di avere ricevuto la somma di cui si discute senza pattuire un obbligo di restituzione, a titolo di solidarietà familiare, era stata formulata in modo generico e risultava contrastare sia con il reperimento della provvista da parte del B. attraverso una società finanziaria, sia con la crisi in corso del rapporto coniugale e, inoltre, con le condizioni economiche delle parti».
«Trattasi all’evidenza di valutazioni attinenti ai fatti di causa, da cui la Corte ha ritenuto di poter trarre la prova dell’esistenza di un obbligo di restituzione a carico della R., che risolvendosi in apprezzamenti delle risultanze probatorie non sono sindacabili in sede di giudizio di legittimità. In parte qua le censure sono pertanto inammissibili».