Come si costituisce una servitù di veduta panoramica
Dopo aver esperito un procedimento di accertamento tecnico preventivo, nel 2005 Carla cita Rosaria davanti al Tribunale di Salerno (sezione distaccata di Amalfi), al fine di sentirla condannare alla rimozione delle installazioni realizzate, a distanza inferiore da quella legale dalla sua proprietà, nell’anno 2004 e, in ogni caso, lesive del suo preesistente diritto di veduta nonché al risarcimento dei danni subiti e subendi.
Carla si costituisce in giudizio e resiste alla domanda avversaria, eccependone l’inammissibilità per violazione del principio del ne bis in idem, posto che la corte d’appello di Salerno, con sentenza emessa nel 1998, confermativa di una sentenza del Ttribunale di Salerno emessa nel 1992, ha già statuito, con efficacia di giudicato, sulla violazione delle distanze legali e sulla limitazione del diritto di veduta, come denunciate da Carla con atto di citazione notificato il 12 ottobre 1977.
Nel corso del giudizio viene espletata consulenza tecnica d’ufficio.
Il tribunale adito, con sentenza depositata il 28 settembre 2012, rigetta la domanda di riduzione in pristino e di risarcimento dei danni.
Carla propone appello, col quale lamenta: che il giudice di primo grado, nel ritenere che lo stato dei luoghi sia rimasto sostanzialmente immutato sin dai primi anni ‘70, ha travisato le risultanze processuali, atteso che tra le abusive installazioni per le quali il proprio dante causa aveva promosso il precedente giudizio risarcitorio non sarebbero state comprese quelle oggetto della controversia instaurata con il nuovo atto di citazione; che, in ogni caso, il rigetto della tutela risarcitoria non aveva valenza di giudicato sulla domanda di riduzione in pristino delle omologhe opere; che l’accertamento dell’inesistenza di una servitù di veduta non precludeva la tutela specifica del diritto di godere del panorama dalla costiera amalfitana.
Rosaria si costituisce nel giudizio di impugnazione resistendo all’appello, del quale deduce l’infondatezza in fatto e in diritto.
Decidendo sul gravame interposto, la corte d’appello di Salerno, con sentenza emessa nel 2018, in parziale accoglimento dell’appello e in parziale riforma della pronuncia impugnata condanna Rosaria ad eliminare le seguenti installazioni: a) i pannelli in lamiera con funzione di copertura dell’intercapedine tra il suo cucinino e il muro di Carla; b) la scala amovibile in alluminio appoggiata nello spazio antistante al cucinino; c) la rete a maglie rettangolari e relativi tubolari metallici infissi nel vecchio muro di sostegno della proprietà di Carla; d) la pensilina in plastica collocata sul terzo livello della proprietà di Carla, a copertura del sottostante balcone. Le spese di entrambi i gradi di giudizio vengono compensate.
A sostegno dell’adottata pronuncia il giudice d’appello rileva: a) che, in ordine alla domanda proposta per ottenere la rimozione delle strutture realizzate dall’appellata in violazione delle distanze legali e comunque lesive del suo diritto alla vista del panorama, nonché il relativo risarcimento dei danni, l’azione è ammissibile solo con riferimento alle installazioni non coperte dal precedente giudicato; b) che, come emerge dalla relazione peritale, i pannelli in lamiera, la scala amovibile e la rete a maglie sono posti ad una distanza inferiore a tre metri dalla proprietà di Carla, mentre la pensilina in plastica posta sul terzo livello del fabbricato di Carla, a copertura del sottostante balcone, pregiudica il suo diritto di fruire della vista del panorama di Positano; c) che la pensilina a protezione del balcone di Rosaria, posta ad una distanza di dieci metri dal fabbricato della controparte, è inidonea, proprio in ragione di tale collocazione, a generare un pregiudizio suscettibile di ristoro monetario.
Contro la sentenza d’appello Rosaria propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi. Carla resiste con controricorso.
La seconda sezione civile della corte di cassazione decide sul ricorso con ordinanza numero 17922, depositata il 22 giugno 2022.
Col secondo motivo di ricorso Rosaria si duole della violazione o falsa applicazione degli articoli 1058 e 1061 del codice civile, nonché dell’articolo 115 del codice di procedura civile, per avere la corte d’appello ritenuto integrata la lesione di un non meglio specificato diritto alla vista del panorama — diritto di servitù ben distinto da quello di veduta —, pur essendo mancato, in entrambi i gradi di giudizio, qualsiasi accertamento in ordine ai fatti costitutivi di tale presunta servitù, sia quanto alla sua costituzione per contratto, sia quanto alla sua costituzione per usucapione o per destinazione del padre di famiglia.
Obietta ancora Rosaria che, a monte, non sarebbero stati mai nemmeno allegati i fatti costitutivi di tale servitù di panorama a cura di Carla, non esistendo alcun titolo, né negoziale né di altro tipo, da cui si potesse ricavare l’esistenza di una simile servitù.
D’altronde, secondo Rosaria, l’esistenza della servitù di panorama non si sarebbe potuta desumere dalla particolare amenità del luogo in cui si trova la proprietà di Carla, una delle più belle e caratteristiche località della costiera amalfitana.
Osserva, in ultimo, Rosaria che, in ordine al ben distinto diritto di veduta, sarebbe già passata in giudicato l’affermazione circa l’inesistenza della violazione di cui all’articolo 907 del codice civile.
Tale doglianza è ritenuta fondata dalla corte:
«Ora, la panoramicità del luogo consiste in una situazione di fatto derivante dalla bellezza dell’ambiente e dalla visuale che si gode da un certo posto, che può trovare tutela nella servitù altius non tollendi, non anche nella servitù di veduta, che garantisce il diritto affatto diverso di guardare e di affacciarsi sul fondo vicino […]».
«La servitù di veduta panoramica è configurata, pertanto, quale servitù volta ad assicurare la particolare amenità del fondo dominante per la visuale di cui esso gode, con impedimento della costruzione di opere in assoluto, o oltre determinate soglie, attraverso parte o tutto il fondo servente, in ciò differenziandosi dalla servitù di veduta, che invece è compatibile con la costruzione di opere a distanza legale».
«Il diritto di veduta panoramica si risolve, dunque, – secondo la giurisprudenza – in una servitù, in ragione dei casi, non aedificandi o altius non tollendi […]».
«Nondimeno, il diritto di veduta consistente nella fruizione di un piacevole panorama – che si pretende, nella fattispecie, leso dalla collocazione di una pensilina in plastica, posta sul terzo livello del fabbricato, a copertura di un sottostante balcone, con relativa turbativa del diritto di fruire della vista del panorama di (Omissis) – esige che di esso sia previamente accertata l’esistenza».
«Ebbene, la veduta panoramica può essere acquistata, oltre che in via negoziale (a titolo derivativo), anche per destinazione del padre di famiglia o per usucapione (a titolo originario), necessitando, tuttavia, tali modi di costituzione non solo, a seconda dei casi, della destinazione conferita dall’originario unico proprietario o dell’esercizio ultraventennale di attività corrispondenti alla servitù, ma anche di opere visibili e permanenti, ulteriori rispetto a quelle che consentono la veduta».
«Nella fattispecie, di tali modi di acquisto la sentenza d’appello non dà atto, sicché essa deve essere cassata».
«E ciò perché l’esistenza del diritto di veduta del panorama non può essere riconosciuta, indicandone la fonte nella mera preesistenza della visuale rispetto all’opera contestata».
«Ove bastasse, ai fini di ritenere validamente costituita la servitù di veduta panoramica, la mera esistenza in fatto di detta veduta, prima che l’opera contestata ne compromettesse l’esercizio, sarebbe leso il principio della tipicità dei modi di acquisto dei diritti reali».
«Dovrà essere il Giudice del rinvio a verificare se sia stato o meno dimostrata in atti la legittima costituzione di tale diritto di veduta panoramica».
La sentenza impugnata viene pertanto cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa alla corte d’appello di Salerno in diversa composizione, che deciderà uniformandosi agli enunciati principi di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.