Nel contratto di vitalizio assistenziale la prestazione del vitaliziante è suscettibile di valutazione economica
Marcella agisce davanti al tribunale di Chiavari contro il fratello Mario, allo scopo di ottenere la dichiarazione di nullità o di inefficacia, ovvero di simulazione o di risoluzione per colpa del convenuto, del contratto di vitalizio assistenziale concluso da Mario con Melinda, madre dei contendenti, nonché di accertare i beni compresi nella successione di Melinda. In forza del contratto di vitalizio assistenziale Melinda aveva ceduto al figlio Mario la proprietà di alcuni immobili e Mario si era obbligato «a mantenere ed ad assistere vita natural durante» la madre, morta successivamente.
La domanda viene respinta dal tribunale con sentenza del 2011.
Marcella propone appello, respinto dalla corte d’appello di Genova con sentenza emessa nel 2017.
I giudici di secondo grado affermano, tra l’altro, che: nel contratto di vitalizio assistenziale stipulato tra Melinda e il figlio Mario doveva ritenersi sussistente l’alea, determinata dalla imprevedibile durata della vita della vitaliziata, la quale godeva di buona salute, senza che siano stati neppure allegati elementi che inducessero a presagirne la morte in breve termine; Mario viveva con la madre e provvedeva ai pasti, cosicché l’assidua presenza del figlio e la sua costanza nella cura e nell’impegno nei confronti della genitrice consentivano di ritenere che il vitaliziante avesse adempiuto all’obbligazione di assistenza materiale e spirituale, anche provvedendo al ricovero presso una struttura negli ultimi mesi di vita; la prestazione di Mario doveva reputarsi svincolata da una esatta quantificazione economica, essendo evidentemente connotata da elementi non riconducibili a parametri matematici e non evidenziandosi, perciò, una sproporzione tra il valore dei beni attribuiti al vitaliziante (stimati in 238.000 euro) e la medesima prestazione resa da Mario, così da escludere sia che il contratto dissimulasse una donazione o un negozio misto, sia l’imputabilità di un inadempimento imputabile al convenuto.
Contro la sentenza di appello Marcella propone ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi. Mario resiste con controricorso.
La seconda sezione civile della corte decide con sentenza n. 32439 del 22 novembre 2023.
I primi quattro motivi di ricorso sono esaminati congiuntamente per la loro evidente connessione, e ritenuti fondati:
«La Corte d’appello di Genova ha affermato che la prestazione di M.G. , volta “a mantenere ed ad assistere vita natural durante” la madre Me.Ce. , in forza del contratto di vitalizio assistenziale concluso in data (omissis), doveva reputarsi svincolata da una esatta quantificazione economica, essendo connotata da elementi non riconducibili a parametri matematici e non evidenziandosi, perciò, una sproporzione con il valore dei beni attribuiti al vitaliziante (stimati in Euro 238.000,00). Non di meno, in detto contratto poteva ritenersi sussistente l’alea, determinata dalla imprevedibile durata della vita della vitaliziata, la quale aveva XX anni al momento della stipula e godeva di buona salute».
«Con costante orientamento, questa Corte ha però affermato che il cosiddetto contratto atipico di mantenimento (o di vitalizio alimentare o assistenziale), quale quello oggetto di lite, è essenzialmente caratterizzato dall’aleatorietà, la cui individuazione postula effettivamente la comparazione delle prestazioni sulla base di dati omogenei – ovvero la capitalizzazione della rendita reale del bene-capitale trasferito e la capitalizzazione delle rendite e delle utilità periodiche dovute nel complesso dal vitaliziante -, secondo un giudizio di presumibile equivalenza o di palese sproporzione da impostarsi con riferimento al momento di conclusione del contratto ed al grado ed ai limiti di obiettiva incertezza, sussistenti a detta epoca, in ordine alla durata della vita ed alle esigenze assistenziali del vitaliziato. A ciò si aggiunge, peraltro, che avendosi riguardo all’età ed allo stato di salute del vitaliziato, l’alea debba comunque escludersi – ed il contratto va perciò dichiarato nullo – se, al momento della conclusione, il beneficiario stesso fosse affetto da malattia che, per natura e gravità, rendeva estremamente probabile un rapido esito letale, e che ne abbia in effetti provocato la morte dopo breve tempo, o se questi avesse un’età talmente avanzata da non poter certamente sopravvivere, anche secondo le previsioni più ottimistiche, oltre un arco di tempo determinabile. In alcuni precedenti di legittimità si è arrivati a concludere che l’originaria macroscopica sproporzione del valore del cespite rispetto al minor valore delle prestazioni fa presumere lo spirito di liberalità tipico della donazione, eventualmente gravata da modus. L’indicata comparazione e l’indagine circa la descritta incertezza rappresentano apprezzamenti di fatto, incensurabili in sede di legittimità se tuttavia congruamente motivati (Cass. Sezioni Unite n. 6532 del 1994; Cass. n. 15848 del 2011; n. 7479 del 2013; n. 4825 del 2016; n. 15904 del 2016; n. 22009 del 2016; n. 23895 del 2016; n. 13232 del 2017)».
« È dunque errata in diritto l’affermazione della Corte d’appello di Genova secondo cui “la prestazione del M. deve ritenersi svincolata da una esatta quantificazione economica, essendo evidentemente connotata da elementi (quali l’affetto, la presenza costante, la compagnia, l’ascolto, la quotidianità) che non possono essere ricondotti a parametri matematici”, bastando a configurare l’alea la considerazione dalla imprevedibile durata della vita della vitaliziata».
«Così ragionando, i giudici di appello hanno negato la patrimonialità della prestazione dovuta dal vitaliziante nell’ambito del contratto atipico di mantenimento (o vitalizio assistenziale), ovvero la sua suscettibilità di valutazione economica, in quanto corrispettivo della prestazione del vitaliziato, patrimonialità viceversa essenziale, agli effetti degli artt. 1321 e 1174 c.c., per la negoziabilità del comportamento, la quale opera come limite dell’autonomia privata (arg. da Cass. n. 649 del 1971; n. 835 del 1964)».
«Deve piuttosto ribadirsi che il contratto con cui il vitaliziante si obbliga, in corrispettivo dell’alienazione di un bene, a prestare al vitaliziato mantenimento ed assistenza vita natural durante, si configura come una sottospecie del vitalizio oneroso, caratterizzata da una accentuazione dell’elemento aleatorio, giacché all’incertezza derivante dalla durata in vita del vitaliziato si aggiunge quella connessa alla variabilità delle prestazioni a carico del vitaliziante, le quali sono tuttavia concretamente valutabili in denaro ai fini di una loro comparazione con il valore del bene trasferito al vitaliziato».
«L’alea che contraddistingue il contratto di mantenimento (nel senso che, come si è detto, non è noto nè certo al momento della sua conclusione quale sia l’entità del vantaggio e l’entità del rischio che ciascuna parte si assume) è, invero, essa stessa elemento di natura strettamente economica e perciò postula la comparazione dei valori della prestazione e della controprestazione sulla base di dati omogenei».
«Può, quindi, enunciarsi il seguente principio di diritto:
il contratto atipico di mantenimento (o di vitalizio alimentare o assistenziale), con cui il vitaliziante si obbliga, in corrispettivo dell’alienazione di un bene, a prestare al vitaliziato mantenimento ed assistenza vita natural durante, è caratterizzato al momento della sua conclusione dall’alea inerente sia alla durata della vita del vitaliziato, sia alla entità delle prestazioni a carico del vitaliziante, le quali tuttavia, proprio in quanto negoziabili come corrispettivo, sono necessariamente suscettibili di valutazione economica, così da comparare secondo dati omogenei, in termini di presumibile equivalenza o, al contrario, di palese sproporzione, la capitalizzazione della rendita reale del bene trasferito e la capitalizzazione delle rendite e delle utilità periodiche dovute nel complesso dal vitaliziante».
In conseguenza dell’accoglimento dei primi quattro motivi del ricorso la sentenza impugnata viene cassata nei limiti delle censure accolte, con rinvio alla corte d’appello di Genova in diversa composizione, che procederà ad esaminare nuovamente la causa uniformandosi al principio enunciato e tenendo conto dei rilievi svolti, e provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.