Gli obblighi del notaio non sono limitati all’accertamento della volontà delle parti
La società C ottiene dal tribunale di Massa una sentenza che dichiara risolto il contratto di compravendita stipulato dalla medesima con la venditrice società I, perché il bene, appartenente al demanio marittimo, non poteva essere venduto né poteva esserne trasferita la proprietà superficiaria. La sentenza dispone la restituzione delle reciproche controprestazioni e condanna l’alienante a restituire la somma pagata quale prezzo del bene e la totalità delle somme necessarie per il trasferimento, spese notarili, spese tecniche, spese per la provvigione del mediatore e spese utili fatte dall’acquirente sul bene. In appello viene dichiarata la nullità del contratto per essere il bene compravenduto, al momento dell’atto pubblico di trasferimento del 30 novembre 2006 un bene del demanio marittimo.
La sentenza passa in giudicato. La società C cerca senza successo di metterla in esecuzione contro la società I, che risulta insolvibile.
Agisce allora davanti al tribunale di Massa nei confronti del notaio e del mediatore immobiliare, esponendo di aver scoperto, pochi mesi dopo la stipula dell’atto di compravendita, che l’immobile era di esclusiva proprietà dello Stato, perché incamerato già in data 1 gennaio 1997 (dunque quasi dieci anni prima della stipula) dall’Amministrazione Marittima a seguito di concerto con quella delle finanze e dei lavori pubblici. Chiede che il notaio che ha rogato l’atto e il mediatore che ha negoziato la vendita siano condannati in solido al risarcimento dei danni subiti.
Istituitosi il contraddittorio con i convenuti, ciascuno dei quali chiama in causa il proprio assicuratore per la responsabilità civile, il tribunale rigetta la domanda e condanna la società C alla rifusione delle spese di lite in favore delle controparti.
La società C propone appello davanti alla corte d’appello di Genova, la quale, con sentenza del 14 luglio 2020, accoglie il gravame e condanna le eredi del notaio, deceduto medio tempore, e l’agente immobiliare, in solido tra loro, al pagamento della somma di 487.000 mila euro oltre interessi e spese del doppio grado di giudizio. Accerta l’obbligo della società assicuratrice L di manleva nei confronti delle eredi del notaio e respinge la domanda di manleva formulata dal mediatore.
Contro tale sentenza la società L propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
La seconda sezione della corte ritiene infondati entrambi i motivi, respingendo il ricorso con ordinanza n. 34503 dell’11 dicembre 2023:
«con il primo motivo del ricorso principale Lloyd’s censura la sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 2229 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Assume che la sentenza impugnata ha errato nel determinare il contenuto tipico delle prestazioni che il notaio è tenuto ad eseguire nell’espletamento dell’incarico professionale conferitogli e contesta, in particolare, il capo di sentenza che ha ritenuto sussistente la responsabilità per non aver accertato l’esistenza di un valido titolo concessorio e per aver omesso di avvertire l’acquirente dei rischi esistenti; quanto al primo profilo la sentenza avrebbe errato nel ritenere il notaio onerato dell’acquisizione di un titolo amministrativo in contrasto con specifica giurisprudenza di questa Corte ed in presenza di una comunicazione 5 ottobre 2005 con cui il Comune di Massa aveva espresso parere favorevole al subingresso nella concessione da parte della società acquirente; dall’altro, quanto all’omessa informativa sul fatto che la porzione di manufatto era posta su area demaniale marittima sicché poteva essere incamerato dall’autorità governativa con atto discrezionale, il ricorrente assume che trattasi di informativa “anomala” in quanto nel caso di specie non si trattava di vendere la piena proprietà ma solo quella superficiaria su area demaniale; la società C.A. in quanto operatore economico non era un quisque de populo ed aveva dal suo canto, in quanto imprenditore, verificato la sussistenza dei presupposti per il subingresso nella concessione; conseguentemente la sentenza merita di essere cassata affermando sia l’insussistenza di un obbligo in capo al notaio, in caso di compravendita di proprietà superficiaria su area demaniale, di acquisire ed esaminare il titolo concessorio sia la insussistenza di un obbligo di informare l’acquirente sui rischi che il manufatto possa essere incamerato dall’attività governativa»;
«il motivo è infondato; la sentenza ha ritenuto che il notaio non poteva non essere a conoscenza della concessione sia perché il bene posto su area demaniale richiedeva un titolo di occupazione sia perché lo stesso notaio aveva avuto a disposizione la comunicazione del 5 ottobre 2006 con cui il Comune di Massa aveva espresso parere favorevole al subingresso dell’acquirente nella concessione; pur avendo il notaio a disposizione l’atto di provenienza da cui risultava che il bene avrebbe potuto essere incamerato dall’autorità governativa con atto discrezionale non solo aveva omesso di rappresentare al cliente il rischio di questo evento ma neppure aveva inserito in contratto un qualsiasi riferimento a tale circostanza; se è vero che l’impedimento non si desumeva dai pubblici registri il pubblico ufficiale avrebbe dovuto, nell’ambito della propria diligenza professionale, acquisire e analizzare la concessione, trattandosi di una verifica peraltro agevole dal punto di vista tecnico-giuridico»;
«la sentenza è conforme al consolidato indirizzo di questa Corte secondo cui l’attività richiesta al notaio non si limita all’accertamento della volontà delle parti ma si riferisce a tutte le indagini preparatorie e successive all’atto da rogarsi in modo da assicurare il raggiungimento dello scopo. E l’inosservanza di obblighi accessori costituisce una forma di responsabilità contrattuale per inadempimento della prestazione d’opera professionale; l’obbligo delle attività accessorie e successive per il raggiungimento dello scopo voluto dalle parti trova il proprio fondamento nella diligenza qualificata che il notaio è tenuto ad osservare (Cass., n. 24733 del 2007; Cass. n. 16990 del 2015; Cass., S.U. n. 13617 del 2012) e nella buona fede oggettiva che costituisce criterio di determinazione della prestazione contrattuale (Cass., n. 21775 del 2019), prestazione connotata dal dovere di informazione sui dati rilevanti per il perfezionamento del contratto e sull’aderenza del medesimo alla funzione economico-sociale perseguita dalle parti e dal dovere di consiglio sulle scelte tecnico-giuridiche proprie della professione intellettuale. I precedenti citati dalla ricorrente per argomentare sulla inesistenza dell’obbligo del notaio di acquisire atti amministrativi non sono pertinenti in quanto, il primo caso consisteva in una compravendita di un bene privo di abitabilità acquistato ad un prezzo vile, su cui vi era l’accordo delle parti, accordo rispetto al quale il notaio nulla poteva e doveva fare per impedire il trasferimento; nel secondo caso si discuteva dell’insussistenza del dovere del notaio di seguire una pratica amministrativa: nel caso in esame, invece, il notaio doveva accertare il requisito per una valida compravendita e cioè la commerciabilità dell’oggetto»;
«con il secondo motivo di ricorso – violazione e falsa applicazione degli artt. 1218,1223,1227 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la ricorrente lamenta che la sentenza non ha tenuto conto dei criteri fissati dalla giurisprudenza per individuare il danno risarcibile derivante dalla condotta colpevolmente omissiva del notaio: tale danno non si identifica necessariamente con il prezzo pagato ma con la situazione economica in cui l’acquirente si sarebbe trovato qualora il professionista avesse diligentemente assolto alla propria prestazione (Cass., 2, n. 8703 del 2016); in particolare la ricorrente ritiene che il danno non possa comprendere anche l’acconto di Euro 100.000 versato dall’acquirente a titolo di caparra confirmatoria prima della stipula del contratto in quanto la perdita di tale somma non sarebbe causalmente riconducibile all’inadempimento del notaio»;
«il motivo è infondato. La sentenza ha provveduto alla liquidazione del danno proprio in osservanza della giurisprudenza citata dalla ricorrente perché, nell’ipotesi in cui il notaio avesse avvisato l’acquirente che il manufatto era di proprietà esclusiva dello Stato e che quindi non poteva esserle trasferito dalla Incantesimo Viaggi S.r.l., l’acquirente avrebbe potuto recuperare la somma versata a titolo di caparra agendo immediatamente nei confronti della venditrice; è da ritenersi ragionevolmente certo che, se il notaio avesse agito con la diligenza propria del caso, la C.A. S.r.l. avrebbe potuto recuperare la somma versata a titolo di caparra».