Il danno da perdita del rapporto parentale si presume
Roberto viene sottoposto a colonoscopia presso l’ambulatorio del Nuovo Ospedale San Giovanni di Dio di Firenze. L’esame evidenzia la presenza di polipi del colon nonché di lesioni dell’intestino che, all’esito dell’esame istologico, risultano adenomi tubulo villosi intestinali, vale a dire formazioni tumorali.
Roberto viene dimesso col consiglio di ritornare in ospedale qualora riscontrasse nuovamente sangue nelle feci.
In epoca successiva Roberto si reca nuovamente al pronto soccorso del Nuovo Ospedale San Giovanni di Dio lamentando dolore addominale ingravescente. Viene sottoposto nuovamente ad una colonoscopia, dalla quale emerge l’indicazione di un intervento chirurgico che viene effettuato poco dopo. Tuttavia le condizioni di Roberto si aggravano progressivamente, al punto da determinarne lo spostamento in rianimazione, dove egli rimane per qualche giorno, sino a quando muore.
Moglie, figli, fratelli e sorella di Roberto agiscono in giudizio, sia in proprio che quali eredi di Roberto, nei confronti dell’Azienda sanitaria locale per ottenere il risarcimento dei danni da perdita del congiunto, che essi attribuiscono all’operato dei medici.
Il tribunale di Firenze, disposta consulenza tecnica ed istruita la causa, accoglie la domanda riconoscendo a tutti gli attori il danno non patrimoniale iure proprio e ad alcuni di essi anche patrimoniale.
La decisione viene integralmente confermata dalla corte di appello di Firenze con sentenza resa il 19 agosto 2021.
Avverso tale pronuncia ricorre per cassazione l’Azienda sanitaria con otto motivi di censura. Gli intimati si costituiscono con controricorso e chiedono il rigetto dell’impugnazione.
La terza sezione della corte di cassazione si pronuncia sul ricorso con ordinanza numero 2776 del 30 gennaio 2024.
Di particolare interesse è la motivazione con la quale sono rigettati i primi due motivi di ricorso:
«Con il primo motivo si prospetta una violazione degli articoli 2043, 2059, 2727, 2728, 2729, 2697 del codice civile».
«La censura riguarda il capo di sentenza che ha riconosciuto agli eredi del paziente deceduto il danno per la perdita del rapporto parentale con quest’ultimo».
«La tesi dell’Azienda ricorrente è che il danno sarebbe stato riconosciuto come se fosse in re ipsa ossia senza che gli eredi abbiano fornito alcuna prova del legame affettivo che li univa al loro congiunto».
«Secondo l’Azienda sanitaria, il danno da perdita del rapporto parentale non può essere desunto dal semplice e solo rapporto di parentela, ma occorre che i congiunti alleghino elementi tali dai quali poter indurre che, dati gli effettivi rapporti esistenti, la perdita del congiunto ha costituito per loro una effettiva sofferenza o comunque un effettivo pregiudizio».
« Con il secondo motivo si prospetta una violazione dell’articolo 115 del codice di procedura civile e dell’articolo 2697 del codice civile».
«Sempre in riferimento alla prova del danno da perdita del rapporto parentale, l’azienda ricorrente sostiene che deve ritenersi del tutto infondata l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui parte attrice avrebbe allegato che, a seguito del decesso del congiunto, sarebbero derivate conseguenze di tipo esistenziale e morale nel nucleo familiare costituito dagli attori».
«Secondo l’azienda ricorrente l’affermazione è infondata in quanto parte attrice non avrebbe, come detto al motivo precedente, allegato alcunché né le affermazioni fatte nell’atto di citazione, peraltro del tutto generiche, circa le conseguenze della perdita, possono dirsi non contestate dall’azienda, non operando in tal senso il principio di non contestazione».
«Entrambi i motivi possono essere oggetto di esame congiunto in quanto pongono una medesima questione».
«Essi sono infondati».
«E la questione è la seguente: quale debba essere la prova, da parte dei congiunti, del danno conseguenza della perdita del parente».
«Nessuno dubita, e nemmeno i giudici di appello, che non si tratti di un danno in re ipsa, cioè di un danno consistente nella mera lesione dell’interesse protetto, e nessuno dubita che invece la perdita del congiunto è risarcibile nella misura in cui abbia prodotto delle conseguenze pregiudizievoli tra i parenti che agiscono in giudizio».
«E tuttavia, la prova di tali conseguenze è ricavabile per presunzioni dallo stesso rapporto di parentela secondo un principio di diritto affermato da questa Corte nei seguenti termini: <
«Ne discende che correttamente i giudici di merito hanno ritenuto di dover presumere l’esistenza di pregiudizi rilevanti, ricavabili dal rapporto di parentela, e va ricordato che si trattava per l’appunto di coniuge, figli e fratelli e dunque di quella categoria di parenti assistiti dalla presunzione iuris tantum di aver patito una conseguenza pregiudizievole a causa del decesso del congiunto, e che competeva dunque alla azienda dimostrare che, a dispetto di quel rapporto di parentela, il decesso del paziente non ha causato nei congiunti che hanno agito in giudizio alcun pregiudizio risarcibile».