Il risarcimento del danno per spese di assistenza medica
Antonio viaggia in qualità di terzo trasportato a bordo di un ciclomotore, condotto da un amico minorenne. Il mezzo collide contro un terrapieno di roccia presente sul margine della strada, provocata dalla turbativa derivata da una manovra di un veicolo non identificato.
In conseguenza dell’incidente Antonio subisce gravissime lesioni personali, comportanti postumi d’invalidità del 90%.
Per ottenere il risarcimento dei danni, il padre di Antonio agisce davanti al tribunale di Milano, davanti al quale conviene il conducente del ciclomotore, il padre di lui in quanto proprietario del mezzo e la compagnia assicuratrice per la responsabilità civile derivante dalla circolazione del ciclomotore.
Il tribunale di Milano accoglie la domanda, condannando inoltre il proprietario del mezzo a tenere indenne la compagnia dalla spesa sostenuta, in conseguenza dell’inoperatività della polizza nei rapporti tra assicuratore e assicurato.
Dopo una sentenza di appello e la cassazione di essa con rinvio, la corte di appello di Milano riconosce ad Antonio il danno patrimoniale «per le spese di futura assistenza medica», liquidandolo nella somma di 2.554.832 euro oltre interessi.
Avverso la nuova sentenza d’appello la società assicuratrice propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
La terza sezione civile della corte di cassazione decide con ordinanza n. 8371 del 28 marzo 2024.
Il primo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, 1226 e 2056 del codice civile, in ragione della «omessa distinta liquidazione del danno patrimoniale futuro da spese per assistenza medica nella componente danno passato e nella componente danno futuro».
La ricorrente deduce che, in relazione al tipo di danno patrimoniale costituito dalle spese mediche per assistenza alla vittima dell’illecito, occorre distinguere (e distintamente liquidare) «un danno patrimoniale passato e una componente per il futuro». In relazione, in particolare, alla prima voce di spesa si porrebbe la seguente, secca, alternativa: «o il danneggiato dimostra di averla sostenuta (anche attraverso presunzioni semplici, ex art. 2727 cod. civ.), oppure nessuna liquidazione può essere consentita», giacché si tratta di “danno emergente”.
La corte ritiene fondato tale motivo, alla luce del seguente principio di diritto:
«il danno patrimoniale per spese di assistenza vita natural durante, consistente nella necessità di dovere retribuire una persona che garantisca l’assistenza personale ad un soggetto invalido, è un pregiudizio permanente che si produce «de die in diem», per la cui liquidazione occorre distinguere il danno passato, ossia già verificatosi, che presuppone che il danneggiato abbia dimostrato (anche attraverso presunzioni semplici, ex art. 2727 c.c.) di aver sostenuto dette spese, dal danno futuro, ossia non ancora verificatosi al momento della decisione ma che si verrà ragionevolmente a determinare per tutta la durata della vita residua del danneggiato».
Anche la seconda sentenza della corte d’appello viene pertanto cassata, e la causa rinviata alla medesima corte d’appello in diversa composizione, che deciderà tenendo conto del principio di diritto enunciato dalla corte di cassazione.