La breve durata del matrimonio può determinare l’esclusione del diritto al mantenimento
Tullio e Zoe si separano dopo pochi mesi di matrimonio. Il tribunale che pronuncia la separazione pone a carico di Tullio un contributo mensile di 3.000 euro al mantenimento della moglie. Tale statuizione resiste all’impugnazione di Tullio, respinta dalla corte d’appello di Trieste con sentenza emessa nel 2022.
Contro tale sentenza Tullio propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
La prima sezione civile della corte di cassazione decide con ordinanza numero 20507 del 24 luglio 2024.
La corte accoglie il terzo motivo, fondato sull’omesso esame di un duplice fatto storico decisivo per il giudizio (id est: breve durata del matrimonio e giovane età del coniuge richiedente) ai fini della spettanza (ovvero della concreta determinazione) del quantum dell’assegno di mantenimento:
«Con riferimento al tema del mantenimento del coniuge ed ai recenti approdi giurisprudenziali riguardanti, tra l’altro, l’assegno separatizio, è possibile richiamare quanto, su questi aspetti, ricordato, in motivazione, dalla pronuncia resa da Cass. sez. U. n. 32914/2022, che, nello svolgere alcune considerazioni generali in ordine agli effetti della separazione e del divorzio (e della crisi del rapporto di coppia, avuto riguardo alle unioni civili) sui rapporti patrimoniali fra i coniugi, con riguardo all’assegno di mantenimento del coniuge (e dei figli), ha osservato, tra l’altro, che “La separazione personale tra i coniugi non estingue il dovere reciproco di assistenza materiale, espressione del dovere, più ampio, di solidarietà coniugale, ma il venir meno della convivenza comporta significati mutamenti: a) il coniuge cui non è stata addebitata la separazione ha diritto di ricevere dall’altro un assegno di mantenimento, qualora non abbia mezzi economici adeguati a mantenere il tenore di vita matrimoniale, valutate la situazione economica complessiva e la capacità concreta lavorativa del richiedente, nonché le condizioni economiche dell’obbligato, che può essere liquidato in via provvisoria nel corso del giudizio, ai sensi dell’art.708 c.p.c.; b) il coniuge separato cui è addebitata la separazione perde, invece, il diritto al mantenimento e può pretendere solo la corresponsione di un assegno alimentare se versa in stato di bisogno”.
Il dovere reciproco di assistenza materiale, dopo la separazione, va, quindi, declinato tenendo conto della pluralità di parametri prima sinteticamente ricordati.
Tra le circostanze da considerare, ex art.156 c.c., rientra anche la durata del matrimonio.
Quanto al rilievo da attribuire a detta circostanza, questa Corte lo ha inizialmente circoscritto al profilo della quantificazione dell’assegno, avendo affermato che “La durata del matrimonio ed il contributo apportato da un coniuge alla formazione del patrimonio dell’altro coniuge, ovvero di quello comune, integrano parametri utilizzabili in occasione della quantificazione dell’assegno divorzile e non possono valere al fine di escludere la spettanza dell’assegno di mantenimento in caso di separazione personale, essendo tuttavia siffatti elementi valutabili in quest’ultima sede, ai sensi dell’art. 156, secondo comma, cod. civ., allo scopo di stabilire l’importo di detto assegno” (Cass. n.20638/2004), ciò in quanto “La durata del matrimonio ed il contributo apportato da un coniuge alla formazione del patrimonio dell’altro coniuge sono elementi valutabili al fine di stabilire l’importo dell’assegno di mantenimento” (Cass. n.25618/2007), tanto è vero che – come è stato rimarcato – “In tema di separazione personale dei coniugi, alla breve durata del matrimonio non può essere riconosciuta efficacia preclusiva del diritto all’assegno di mantenimento, ove di questo sussistano gli elementi costitutivi, rappresentati dalla non addebitabilità della separazione al coniuge richiedente, dalla non titolarità, da parte del medesimo, di adeguati redditi propri, ossia di redditi che consentano di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, e dalla sussistenza di una disparità economica tra le parti. Al più, alla durata del matrimonio può essere attribuito rilievo ai fini della determinazione della misura dell’assegno di mantenimento” (Cass. n. 1622/2017).
Non di meno, con successivi approfondimenti e puntualizzazioni, è stato anche messo in luce, per le ipotesi di matrimoni di durata molto breve, che “… nell’ipotesi di durata particolarmente breve del matrimonio, in cui non si è ancora realizzata, al momento della separazione, alcuna comunione materiale e spirituale tra i coniugi, attesa la insussistenza di condivisione di vita e, dunque, la mancata instaurazione di un vero rapporto affettivo qualificabile come “affectio coniugalis”, non può essere riconosciuto il diritto al mantenimento” (Cass. n. 402/2018) e che “Se è vero che la breve durata del matrimonio non esclude di per sè il diritto all’assegno, tuttavia la mancata instaurazione di una comunione materiale e spirituale fra i coniugi può costituire una causa di esclusione” (Cass. n. 16737/2018).
La decisione impugnata non ha preso in alcuna considerazione la circostanza della durata estremamente contenuta del matrimonio, né sotto il profilo della spettanza dell’assegno, né sotto il profilo della sua quantificazione, pur avendo accertato che la Z.L. si era allontanata dalla casa coniugale nella primavera del 2017, dopo pochi mesi di matrimonio (fol. 16 della sent. imp.) e va cassata affinché la Corte di appello proceda al riesame alla luce ed in applicazione degli anzidetti principi, in sede di rinvio».